Sublime indifferenza del fenicottero

La parola indifferenza ha spesso un’accezione negativa per l’uomo ma il mondo della natura ci insegna un nuovo significato. Mi trovo a percorrere la strada statale che da Cagliari conduce verso la costa di ponente. Una serie di fenicotteri in lontananza si schiera nell’acqua salmastra in una porzione di mare situata a sud della Sardegna. Mi accorgo subito del sublime atteggiamento di questi animali. Da sempre sono abituata ad osservare cervi, caprioli, orsi, tutta una serie di animali che richiedono una notevole fatica per poterli avvistare: un giorno dall’altra parte dell’oceano per osservare i grizzly, un altro a gattonare su una scogliera per scorgere un grifone, oppure ore intere trascorse nel mar della Groenlandia per assistere ai balzi vigorosi di una balena nel suo peregrinare.

Una condizione di ricerca continua, sempre con atteggiamento cauto, silenzioso, proprio per il timore di spaventare o disturbare gli animali. Il capriolo non appena si accorge della mia presenza mi scruta, ma poi fugge e scompare.

Osservo i fenicotteri nella loro attività quotidiana, regali ed eleganti. Con un’indifferenza quasi ammirevole ignorano il passaggio delle auto, gli aerei che sorvolano la zona, incuranti della mia presenza e di tutto ciò che avviene intorno, caparbiamente impegnati nella loro abituale attività di pascolo subacqueo. Immergono la testa sott’acqua alla ricerca di larve e piccoli invertebrati, in particolare del piccolo Artemia salina, un crostaceo ricco di carotenoidi che conferisce alle penne dei fenicotteri quel tipico color rosa. La loro inconfondibile posizione con una zampa sollevata, quasi nascosta, sembra consenta di evitare la dispersione del calore corporeo quando l’altra zampa è in acqua. La specie più nota è quella del fenicottero rosa (Phoenicopterus ruber) col becco tipicamente ricurvo verso il basso, indispensabile non tanto per afferrare la preda, quanto per filtrare direttamente dall’acqua, tramite particolari lamelle, i piccoli microrganismi che costituiscono la dieta principale di questa specie.

A grandi gruppi i fenicotteri cercano il cibo soprattutto nei primi ed ultimi momenti della giornata, camminando dove l’acqua non raggiunge alti livelli di profondità. Per cibarsi il fenicottero tiene il becco chiuso e muovendo la testa da una parte all’altra, riesce ad aspirare l’acqua, che il becco filtra, adoperando la lingua come una sorta di pistone, il che gli consente di nutrirsi al meglio.

I fenicotteri non nascono rosa, ma sino a circa 3 anni di vita presentano un piumaggio tendente al grigio e soltanto in seguito le piume inizieranno a virare al rosa.

Vivono in grandi colonie composte anche da due milioni di individui e dormono in piedi. Non è chiaro perché i fenicotteri non possano suddividere la fatica di sostenere il proprio peso su entrambe le zampe, sottoponendo ciascuna a uno sforzo minore. Per quanto possa sembrare una postura scomoda, in realtà questa risulta essere la più ergonomica, sia a livello di comodità per il minor sforzo muscolare richiesto, sia a livello di consumo energetico.

Per confermare tale tesi i ricercatori Young-Hui Chang, del Georgia Institute of Technology, e Lena Ting dell’Atlanta Emory University hanno studiato questi animali sia in vita che dopo la morte, partendo dall’ipotesi che i fenicotteri sfruttassero un principio di biomeccanica passiva, simile a quello che permette ai cavalli di dormire in piedi, che consentisse la postura eretta sia durante il sonno o la veglia, e che questo si basasse sull’uso ottimizzato di un’unica zampa. Per testare l’esperimento hanno posizionato i fenicotteri su una piattaforma di forza, uno strumento che si usa per misurare l’energia esercitata da un soggetto fermo o in movimento. L’hanno quindi sperimentata per misurare la forza che i giovani fenicotteri applicano al suolo in posizione eretta e il loro ondeggiamento posturale, cioè quel lieve moto del corpo che si osserva quando l’animale sta in piedi e che serve per fargli mantenere l’equilibrio.

È stato così rilevato che rimanendo in piedi sulle due zampe durante le normali attività di grooming, i fenicotteri oscillavano sette volte di più rispetto a quando dormivano su una zampa sola. Infatti, una volta passati alla postura su una sola zampa, diventavano più stabili ed esercitavano una minor forza muscolare sulla piattaforma. In pratica le articolazioni si posizionavano in modo tale da bloccarsi, consentendo ai fenicotteri una maggiore stabilità naturale, come se fossero nati per reggersi su una zampa sola. Alla luce di tale riscontro sembra infatti che questa posizione si riveli meno faticosa.

Il risultato dello studio, per quanto non chiarisca nei dettagli il funzionamento delle zampe, dimostra che la posizione eretta di questi uccelli non ha molto in comune con quella dell’uomo. I fenicotteri sfruttano infatti la forza di gravità e la struttura delle loro zampe per reggersi in piedi senza sforzo. Un’ulteriore spiegazione sembra dovuta al fatto che tale azione di equilibrismo aiuti i fenicotteri a termoregolarsi, soprattutto quando trascorrono svariate ore in acqua alla ricerca di cibo. Un’altra ipotesi contempla invece il cervello, poiché sembra che i fenicotteri dormano con un’attività del cervello attiva al 50% mentre l’altra metà risulta spenta nel cosiddetto sonno uniemisferico, proprio come quello dei delfini. Sollevare una delle due zampe potrebbe essere una sorta di riflesso naturale, mentre la metà di cervello in attività impedisce loro di cadere in acqua e li mantiene parzialmente in allerta nel caso si avvicini un predatore.

Il bello della natura è anche questo: stimolare continuamente il cervello umano a trovare soluzioni agli enigmi che gli animali nella loro sublime indifferenza ci propongono. Come se un fenicottero ci sfidasse ammonendo “Provate a indovinare perché riesco a fare l’equilibrista senza fatica contrariamente a voi!”. Mi piace pensare che ogni tanto gli animali in modo scherzoso si prendano gioco dell’uomo.

Mentre studiosi e scienziati di tutto il mondo si adoperano per scoprire i segreti della genialità della natura un altro caso di sublime indifferenza e noncuranza nei confronti dell’uomo ha suscitato la mia curiosità. E’ quanto ho avuto modo di osservare nell’attraversamento di una carrozzabile di montagna, in Trentino, da parte di un’orsa con i suoi tre cuccioli. Mamma orsa attraversa la strada con il primo cucciolo, mentre gli altri due piccoli rimasti indietro, in totale incoscienza, privi di esperienza e incuranti del pericolo, si accingono ad attraversare la strada indifferenti del momentaneo fermo del traffico; un camion sopraggiunto all’improvviso, grazie anche alla buona visibilità del pieno giorno, riesce in tempo a frenare e a bloccare il mezzo. Una rivalsa degli animali contro le invasioni del loro ambiente: anche se solo per un attimo si riappropriano del loro ancestrale territorio, sia pur con una strada di mezzo, quasi a voler riaffermare la primitiva esistenza del bosco prima della costruzione della strada. Il bosco è sempre stato degli orsi, così come il cielo dei fenicotteri. La loro momentanea noncuranza e, oserei ripetere indifferenza, appartiene a quella inconsapevolezza tipica degli animali. Non si accorgono del male che viene fatto loro e continuano nella loro ingenua quotidianità. Lo stesso avviene con il sonno dei capodogli che, a differenza dei loro parenti delfini, lasciano che tutto l’emisfero cerebrale si conceda un sonno completo e profondo a tal punto da non accorgersi dell’imminente passaggio di una barca. Perché dovrebbero? Il mare è loro e come gli orsi attraversano la strada incuranti del pericolo, i capodogli si lasciano andare a una tranquilla e ingenua indifferenza, del tutto ammirevole. Potrà sopraggiungere un baleniere ed approfittare di quel momento di debolezza, ma fino ad allora il capodoglio, l’orso, il fenicottero avranno dimostrato a chiunque la bellezza di uno stato di grazia fondamentale nella loro vita.

Per quanto mi riguarda, il forte senso di appartenenza alla natura che da sempre avverto mi rincuora e tra invasioni di plastica, riscaldamento globale, bracconaggio, e tutto il resto mi fa capire che la sublime indifferenza di questi animali è anche un filtro per vedere oltre. Può essere una fuga dalla realtà, un modo per cogliere la poesia della natura, una possibilità di fermarmi ad ammirare questi animali anche in momenti di leggerezza. La stessa leggerezza che mi pare di cogliere davanti al capolavoro della Madonna di Benois di Leonardo da Vinci, una Madonna ragazzina, dipinta dal maestro all’età di ventisei anni, quando Leonardo abbandona la bottega del Verrocchio. Un dipinto che mi infonde allegria, una sorta di gioioso abbandono, un po’ come la scherzosa sfida del fenicottero, un dipinto che al di là di un’apparente leggerezza nasconde la genialità di Leonardo. Mi fermo davanti allo stagno, forse i fenicotteri, impassibili e indifferenti si sono stancati della mia presenza e si apprestano a quella lunga corsa che precede l’involo, una corsa che mette in risalto le lunghissime zampe affusolate fino al decollo nel cielo in totale sublime indifferenza, lasciandomi appagata ad ammirarli e facendomi sorridere.

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