Grandi Navigatori Portoghesi: Vasco da Gama e la rotta per l’India

Senza le conoscenze accumulate dai navigatori portoghesi avremmo dovuto aspettare chissà quanto per avere un’immagine precisa del pianeta in cui abitiamo. Un pianeta che quegli esploratori, dopo averne redatto un ritratto accurato, hanno reso interconnesso e multiculturale. Vasco da Gama, raggiungendo l’India, apre l’era della globalizzazione. Ma da quella scuola veniva un altro navigatore che con la sua impresa avrebbe a sua volta cambiato il mondo.

Oceano Indiano – Grande Planisferio Policromo Museo della Marina, Lisbona (dettaglio) | © Claudio Di Manao
Cristoforo Colombo

È il 1488 e Bartolomeo Diaz ha forse scoperto che l’Africa ha un limite Sud. Nessuno ne è sicuro perché Diaz non è andato oltre la costa dell’odierno Sudafrica, ma un agente commerciale genovese, che diventa navigatore, vuole giocarsi la sua carta. Si chiama Cristoforo Colombo. Naviga le coste dell’Africa a bordo di caravelle portoghesi e stabilisce le sue basi prima a Lisbona, poi a Madeira. Non frequenta università ma è capacissimo; si erudisce da solo sulla navigazione e sull’astronomia, ruba il mestiere ai più bravi del mondo. Suo fratello lavora a Lisbona presso un cartografo e dai navigatori portoghesi ha imparato che i venti costanti e le correnti oceaniche dell’emisfero nord ruotano in senso orario. Ha appreso da loro che ogni spedizione esige una pianificazione accurata a terra, secondo i principi imposti da Enrico il Navigatore.

Cristoforo Colombo in un dipinto di Sebastiano del Piombo, 1519 | MOMA – New York

Colombo si convince sempre di più che le Indie possano essere raggiunte navigando verso ovest e che, risalendo verso nord, i venti e le correnti lo riporteranno indietro. Chiede a Giovanni II, re del Portogallo, di affidargli una missione. Ma il re, dopo essersi consultato con alcuni esperti, rifiuta. Eppure re Giovanni dovrebbe saperlo, che ci sono altre terre ad occidente: sulle spiagge delle Azzorre arrivano relitti di piante sconosciute. Colombo, che è un uomo d’affari convintissimo della sua idea, cambia sponda e si rivolge ad Isabella di Spagna. Per la regina di Castiglia arrivare alle Indie prima dei portoghesi è decisamente allettante. Isabella sa bene che la rotta lungo l’Africa, se mai ce ne sarà una, sarà sotto il controllo portoghese. Ora è il Regno di Castiglia ad essere indietro. Isabella gli assegna una caracca da 100 tonnellate armata a vele quadre (la Santa Maria) e due caravelle armate a vele quadre e vele latine.

Colombo parte e scopre l’America. Lui ancora non lo sa; ha sbagliato alcuni calcoli, e crede che quelle terre facciano parte del favoloso Cipango. Ma la longitudine è ancora un elemento ostico da stimare. Servirà un Vespucci per capire che quello è un continente, ma la notizia della scoperta è esplosiva. Giovanni II è furioso e ne nasce una disputa che vede di nuovo un papa come arbitro. Alessandro VI dei Borgia è uno spagnolo e nel 1493 con una bolla, la Inter Caetera, decide che tutto ciò che è a 100 leghe ad Ovest dell’arcipelago di Cabo Verde andrà ai reali di Castiglia. Sia i reali che il papa sanno che la Terra è una sfera e questa decisione impedisce di fatto al Portogallo di espandersi fino alle Indie. Ad una nuova guerra Giovanni II preferisce la diplomazia. Nel 1494 Spagna e Portogallo, con il Trattato di Tordesillas si spartiscono il mondo ‘non cristiano’. Un trattato che espande l’area di influenza del Portogallo verso l’Atlantico, ma di poche leghe. Giovanni muore un anno dopo e gli succede Manuele I. Dobbiamo aspettare il 1497, cinque anni in cui Colombo è andato e tornato più volte, finché Vasco da Gama raggiunga l’India. Quella vera.

Monumento in onore di Cristoforo Colombo – San Salvador, Arcipelago delle Bahamas | © Tous droits réservés
Il viaggio più lungo mai osato

I lusitani del XV secolo sono gente pragmatica, gente cui l’Oceano ha insegnato il rispetto ed i piedi di piombo. Avanzano lentamente, prendendo nota, piantando i padrão. Colombo ha trovato sì delle terre ad occidente, ma non è detta l’ultima parola, i resoconti del Genovese non combaciano con quello che si sa delle Indie. Ma adesso è il Portogallo ad essere di nuovo all’angolo. Vasco da Gama, come Diaz e i suoi predecessori, fa parte della classe di privilegiati che ha accesso agli studi e alla conoscenza e il nuovo re gli affida una flotta e una missione. Forse lo sceglie per il suo carattere deciso, che alcune cronache definiscono spietato, brutale. Ma anche geniale. Per molti versi assomiglia da vicino a Colombo. Il Portogallo non può più permettersi gli indugi di Batolomeo Diaz, bisogna andare fino in fondo, fino all’India. Il giorno 8 di luglio del 1497 Vasco da Gama salpa da Lisbona, con 170 uomini al suo comando a bordo di quattro navi: la São Gabriel, la São Miguel, la São Rafael e la Bérrio, nave appoggio.

Sao Gabriel – nave di Vasco da Gama – Maritime Museum, Lisbona | © Claudio Di Manao

Con lui ci sono Pauolo da Gama, suo fratello, e Bartolomeo Diaz, lo scopritore del Capo di Buna Speranza. In neanche venti giorni (il 26 luglio) sono già a Cabo Verde e si fermano lì fino al 3 di agosto. Ripartono senza Diaz e lì Vasco da Gama prende una decisione rivoluzionaria, ma spaventosa per gli equipaggi.

Eludere venti e correnti

Ha conosciuto Diaz a bordo e si fida dei suoi calcoli. Sa fare di calcolo a sua volta e sa stimare le posizioni e le rotte in modo accurato. Sa che tutti i progressi fatti verso sud, e le scoperte, si devono alla manovra più audace dei suoi predecessori: finire in mezzo al nulla per cogliere i venti e le correnti favorevoli, per poi tornare verso la costa ad una latitudine data. È un modo di navigare che asseconda i venti, ma ci vuole coraggio. Ci vuole una grandissima fiducia nelle proprie capacità; matematiche, astronomiche e di marinai. Da Cabo Verde prosegue costeggiando, poi punta dritto verso il mare aperto, dimenticandosi di ogni tappa intermedia, faticosamente guadagnata ed annotata dai suoi predecessori.

Vasco da Gama in un dipinto di António Manuel da Fonseca, 1838 | National Maritime Museum, Greenwich, Londra

Vuole evitare l’inutile ansa del Golfo di Guinea e la corrente contraria del Benguela. Naviga per tre mesi e per 10.000 chilometri, quasi il doppio di quelli percorsi da Colombo, praticamente in mezzo all’Oceano. Prova ad aggirare il Capo di Buona Speranza tenendosi molto più a sud, ma lì le correnti e le tempeste lo respingono. Il 7 novembre del 1497 la flotta ripara nella Bahia de Santa Helena, ancora sulla costa atlantica del Sudafrica. Riesce a passare il Capo solo quindici giorni dopo, il 22 novembre. Mentre prosegue verso l’India s’è fatto Natale e battezza così la costa che vede alla sua destra: Natal. Prosegue verso nord, verso il Mozambico, ma una strana malattia sta già invalidando gli equipaggi. Si sentono stanchi e doloranti, diventano intrattabili e le loro gengive sanguinano. È lo scorbuto, che si manifesta per una carenza di vitamina C. La scienza impiegherà più di quattro secoli per capire le sue cause, ma le generazioni successive di navigatori intuiranno presto che le verdure fresche saranno in grado di scongiurare la malattia e che i crauti sono l’unica alternativa tra gli alimenti a lunga conservazione. La marineria moderna, forgiata da Enrico il Navigatore, ha trasformato i marinai in amanuensi. Si annota tutto, ogni fatto o dettaglio sui diari di bordo.

Sfera armillare XVI secolo – Museo della Marina, Lisbona | © Claudio Di Manao

Ma torniamo a Vasco da Gama, che ha appena lasciato il Mozambico e sta facendo rotta verso l’odierno Kenia. Arriva a Mombasa il 7 aprile del 1498. Invita a bordo il sultano locale, ma qualcosa va storto. Forse il sultano realizza che quegli uomini non sono musulmani come lui, o forse non gli piace il comportamento dei portoghesi. L’incontro va così male che i portoghesi decidono di ancorare lontano dalla riva. La stessa notte un gruppo di cento uomini a bordo di piccole imbarcazioni tenta di bruciare le navi e di tagliare le cime d’ormeggio. I portoghesi reagiscono e sfuggono all’agguato. Catturano alcuni dei commandos. Sotto tortura i prigionieri rivelano di essere stati inviati da mercanti arabi. La flotta si sposta e una settimana dopo getta l’ancora a Malindi, dove un sultano rivale del signore di Mombasa riceve Vasco da Gama con tutti gli onori. Vasco da Gama non è il primo esploratore da un altro continente che vedono: nella prima metà dello stesso secolo s’era fatto vivo un certo Zheng He, ammiraglio ed esploratore cinese, che aveva poi fatto ritorno in Cina partendo da Malindi portandosi dietro due giraffe. Ma a Malindi i festeggiamenti vanno per le lunghe e Vasco da Gama ha fretta. Fa rapire un paggio. Vuole la guida che il sultano gli aveva promesso e subito dopo gli viene consegnato un nocchiero guajarati che conosce la rotta verso Calicut, nel Malabar, dai cui porti partono le spezie per tutto il mondo orientale.

Vasco da Gama incontra un sultano a Mombasa – Stampa del 1878 | New York Public Library
Arrivo in India

È il 20 maggio 1498 e dopo più di venti giorni di navigazione Vasco da Gama realizza il sogno dell’Occidente. Sono passati dieci mesi da quando le sue navi hanno lasciato Lisbona, e finalmente raggiunge Calicut, l’odierna Kozhikode nello stato oggi chiamato Kerala, al sud dell’India. Da Gama si presenta allo Zamorin, il re di Calicut, come ambasciatore del Portogallo, ‘Il regno più ricco e potente – afferma da Gama – che si sia mai visto al mondo’. Lo Zamorin lo riceve tra due file di un migliaio di armati. Da Gama gli offre in dono dei copricapi scarlatti, alcune collane di corallo, bacinelle di metallo, due barili d’olio, uno di miele e una cassa di zucchero. Forse da Gama non ha ancora capito bene dov’è, ma meno di lui l’ha capito il re del Portogallo. Calicut è una sorta di Venezia, un crocevia di denaro e di culture. Uno dei più grandi hub commerciali d’Oriente. Vi fanno capo commercianti arabi, cinesi e indiani, tutti con le loro flotte mercantili, le loro basi, i magazzini pieni e ben organizzati. Lo Zamorin, alla vista di quei regali, gli ride in faccia. Lui e la sua gente non sono gli ingenui Taino stregati da Colombo con degli specchietti.

La presenza dei portoghesi viene interpretata dal re come sgradevole, ma fa buon viso. Sempre di clienti si tratta. I commercianti arabi invece capiscono subito che è solo l’inizio di una pericolosa intrusione. Presto ricominciano gli episodi di ostilità che aveva già sperimentato a Mombasa, anche se in misura minore. Vasco da Gama è un navigatore, non un politico, al massimo un uomo d’armi. Decide di ripartire dopo aver caricato alcuni lotti di spezie, dono dello Zamorin. Una quantità irrisoria, a dire il vero, proporzionata ai doni consegnati e derisi. Ma nel futuro (nel totale dei traffici) le spezie copriranno tutte le spese di tutte le esplorazioni per ben sessanta volte.

Il commercio delle spezie
L’importanza delle spezie

Non si tratta solo di lusso, profumi o di golosità. La gente dell’epoca si cura con le erbe. Ancora oggi conosciamo le proprietà benefiche dello zenzero e della cannella, senza parlare dei chiodi di garofano, che restano tutt’oggi l’unico rimedio naturale efficace contro il mal di denti. Insieme alle spezie, nei mercati d’Oriente si vendono perle, pietre preziose, manufatti e tessuti di altissima qualità. Ma tutta la filiera è in mano ad arabi, ottomani e veneziani. Spagna e Portogallo, paesi ai margini estremi delle rotte, sono quelli che hanno tentato il colpaccio: arrivare alla fonte aggirando gli intermediari.

Il viaggio di ritorno

È il 29 agosto 1498 ed è ora di andare ad annunciare a Manuele del Portogallo che la rotta per l’India è stata tracciata e che c’è stato un primo contatto con le autorità locali. Lo Zamorin gli ha affidato una lettera per il suo re, e Vasco da Gama fa salpare le ancore ed issare le vele, ma ancora non sa che il ritmo di quella regione è scandito dai monsoni. Si trova coinvolto in più tempeste, quasi uragani. Il suo resoconto, come quelli di altri navigatori, aiuterà a comprendere questo meccanismo meteorologico. Il ritorno è ancora più difficile dell’andata. I marinai s’indeboliscono e muoiono. La malaria e lo scorbuto decimano l’equipaggio. Sono costretti ad abbandonare una delle tre navi e bruciarla su una spiaggia perché non ci sono più uomini validi per governarle tutte. Sono partiti in 170, tornano in 55. Tra i caduti c’è Paoulo da Gama, fratello di Vasco.

Quando entra in porto a Lisbona, il 10 Luglio del 1499, in due anni e due giorni ha percorso 24.000 miglia, più o meno la circonferenza terrestre, almeno tre volte il viaggio di Colombo andata e ritorno, navigando in pieno oceano con tappe di quasi il doppio. Manuele I per celebrare l’evento fa costruire a Belem, presso Lisbona, un complesso enorme: il Monastero dos Gerònimos.

Tomba di Vasco da Gama – Monastero dos Gerònimos, Belem, Lisbona

I portoghesi hanno aperto una via per l’India prima degli spagnoli, ma un trattato, che oggi troveremmo abusivo e ridicolo, costringe il Portogallo a non solcare i mari occidentali oltre un meridiano arbitrario ad ovest di Cabo Verde. Ma ci penserà un altro navigatore portoghese a sfruttare un’esigua opportunità in quel trattato, un certo Pedro Alvares Cabral.

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