Applicazioni della bioacustica

In che modo la bioacustica può aiutare a contrastare la deforestazione? La risposta non è né banale né immediata, bensì molto interessante. Dal 2013 esiste una rete di sistemi di monitoraggio acustico che utilizza vecchi cellulari per rilevare, in tempo reale, alterazioni nel normale paesaggio sonoro degli habitat minacciati. Si tratta di una startup no profit, la Rainforest Connection (RFCx), nata dall’idea di Topher White, un ingegnere americano che, avvistando un boscaiolo abusivo a pochi metri da una stazione di controllo forestale del Borneo, si rese conto di quanto fosse difficile rilevare il rumore delle motoseghe tra i forti e continui versi degli animali. Avete mai ascoltato i suoni di una foresta pluviale?

Foresta pluviale, Hawaii

Si tratta di un paesaggio sonoro reboante, quasi assordante, ma decisamente magico nella sua essenza più pura. Diverse aree nel mondo sono facilmente associabili a questi ambienti per difficoltà di monitoraggio, o per l’ampia estensione delle aree, o per le barriere sonore che impediscono un facile ascolto di singoli suoni specifici. Ad esempio, Perù, Camerun e Brasile rientrano tra i paesi che hanno registrato grandi benefici nelle attività di tutela della flora e della fauna locale mediante monitoraggi acustici, ma in che modo?

Topher White | © Gabriela Hasbun
© Rainforest Connection

 

Fiori meccanici per il monitoraggio acustico

I dispositivi utilizzati consistono in semplici scatole di plastica riciclata, contenenti vecchi cellulari Android, munite di microfoni, batterie e pannelli solari disposti a raggiera; l’effetto finale è quello di un fiore meccanico ancorato ai rami apicali degli alberi, sufficientemente in alto da non essere visti e, quindi, rimossi. I cellulari, utilizzando le reti telefoniche presenti anche in foresta, registrano l’audio ventiquattro ore su ventiquattro, coprendo oltre un chilometro di distanza, e lo inviano negli appositi cloud; qui i software della startup analizzano ed elaborano le tracce con differenti tipi di intelligenza artificiale per identificare il rumore di motoseghe, camion, persone ed anche spari. I dati contenenti suoni target, poi, vengono mandati sui cellulari dei partner locali (guardie forestali, organizzazioni no profit e tribù native) che, controllando le registrazioni sospette, possono intervenire con azioni mirate e veloci su aree geografiche circoscritte.

© Von Wong / Rainforest Connection
Rainforest Connection contro la deforestazione>

Il grande lavoro di Rainforest Connection è iniziato con il contrastare il disboscamento illegale, che secondo l’ONU costituisce fino al 90% del disboscamento delle foreste pluviali tropicali, perché questo permette di tutelare l’intero ecosistema, ovvero l’ambiente e le specie viventi che vi abitano. Proteggere il perimetro di una foresta significa proteggere tutto ciò che essa contiene e anche di più. Le siccità storiche che nelle principali città sudamericane colpiscono 20 milioni di persone, ad esempio, sono direttamente legate alla distruzione della foresta amazzonica; il declassamento della foresta pluviale a pascolo e all’uso meno produttivo della terra fa inoltre registrare perdite economiche del PIL brasiliano che ammontano a 2-5 miliardi di dollari all’anno. Inutile sottolineare, poi, quanto la deforestazione contribuisca al cambiamento climatico.

© Von Wong / Rainforest Connection
Rainforest Connection contro il bracconaggio

Ma gli obiettivi della startup di White non finiscono qui, perché la rete di monitoraggio acustico viene utilizzata anche per rilevare e segnalare la presenza dei bracconieri nelle principali aree protette. Queste applicazioni sono diffuse in Africa, dove è possibile tutelare vaste aree di foresta controllando le strade chiave utilizzate dai cacciatori di frodo. Qui la caccia illegale è responsabile di una grave perdita di biodiversità e, quindi, di un forte degrado ambientale, ma è anche veicolo di malattie tropicali diffuse dal mercato nero della bushmeat e delle specie rare.

Rainforest Connection contro gli incendi

Le possibili applicazioni di questa tecnologia sono tantissime e a Napoli si è scelto di utilizzare il monitoraggio acustico nella lotta agli incendi. Nella piccola Riserva Naturale degli Astroni, un cratere vulcanico ricco di vegetazione e specie animali, questo problema è molto sentito a causa degli ingenti danni provocati dalle fiamme, in più occasioni.

Riserva naturale degli Astroni, Campi Flegrei | © Blogcamminarenellastoria
Rainforest Connection per la ricerca

Oltre alla diretta tutela della Natura, le registrazioni raccolte da questi strumenti stanno arricchendo notevolmente le librerie di dati acustici grezzi, permettendo ai ricercatori e agli studiosi di ottenere informazioni preziose per una migliore comprensione ecologica e biologica di molti ambienti. La startup sta infatti sviluppando nuovi metodi per ricercare e identificare i suoni delle specie d’interesse attraverso il machine learning e l’intelligenza artificiale. È in corso la creazione del set di dati più incredibile del mondo, da cui ogni scienziato potrà attingere informazioni per monitorare i cambiamenti degli ecosistemi forestali e il loro stato di salute. Questi dati possono essere utilizzati per la gestione del territorio, per la tutela mirata di specie o aree geografiche, per valutare la riuscita di strategie di ripopolamento e chissà per quanti altri scopi ancora.

Foresta pluviale | © Rainforest Connection
Rainforest Connection per l’educazione

Immaginate di poter ascoltare ogni fruscio, cinguettio, richiamo o gorgoglio proveniente dagli angoli più remoti delle foreste pluviali del mondo… ora potete farlo grazie all’app RainforestCx. Personalmente ne sono entusiasta poiché è possibile ascoltare i suoni in diretta streaming da punti di ascolto sparsi nel mondo, ma anche vecchie registrazioni suddivise per categoria.  

Bioacustica marina

Il paesaggio sonoro non è una prerogativa degli ambienti terrestri, viene infatti studiato e monitorato anche in diversi habitat acquatici ed in particolare in quelli marini. Non ci deve sorprendere perché l’ambiente acquatico limita la propagazione della luce a poche decine di metri di profondità, ma è particolarmente adatto alla propagazione del suono, la cui velocità risulta cinque volte maggiore rispetto all’aria.

Stenelle maculate | © Alex Mustard / Nature Picture Library

Sono molte, infatti, le specie acquatiche che hanno sviluppato il suono come strumento di comunicazione, con la massima efficienza nel caso dei Cetacei. Questi mammiferi marini sono andati anche oltre, riuscendo ad orientarsi e individuare ostacoli, o specifici bersagli, tramite l’emissione di brevi segnali acustici, spesso ultrasonici, e l’ascolto dell’eco riflesso che ne deriva; questa incredibile capacità si chiama ecolocalizzazione e, come dice stesso il nome, è un meccanismo percettivo indispensabile in ambienti dove la vista serve a poco.

La bioacustica e l’ecoacustica permettono di raccogliere dati preziosi, utili allo studio di specie decisamente complicate da monitorare. Negli ultimi quindici anni la comunità scientifica si è concentrata sull’impatto che i rumori di origine antropica hanno sui cetacei e sulle possibili strategie di mitigazione o riduzione per la loro tutela. Come per le foreste, la riduzione dei rumori in determinate aree frequentate da specie target (specie ombrello) andrà a vantaggio dell’intero ecosistema marino, altrettanto danneggiato dall’inquinamento acustico.

Posidonia | © ISPRA.jpg

Ma non finisce qui, perché con l’ecoacustica possiamo confrontare differenti habitat per descriverne i processi ecologici e la ricchezza di biodiversità che li caratterizza. Nel 2018 sono state comparate le registrazioni effettuate in un habitat sabbioso con quelle di un habitat di Posidonia, acusticamente più ricco e complesso; i risultati hanno dimostrato che è possibile distinguere gli habitat attraverso le informazioni sonore, in modo da ottimizzare i piani di monitoraggio, ma questi dati possono anche risultare utili alla stesura di programmi di protezione degli ecosistemi marini, sempre più minacciati dalle attività umane.

Il valore di un paesaggio sonoro

Arricchire le nostre conoscenze ecologiche con vere e proprie librerie scientifiche ci porterà quindi ad una maggiore consapevolezza delle dinamiche ambientali, in modo da poter cogliere cambiamenti spaziali e temporali degli habitat di nostro interesse, di riconoscere la biodiversità e di identificare tempestivamente l’impatto dell’uomo sulle risorse naturali.

A questo punto non mi resta che consigliarvi un’interessantissima conferenza di Bernie Krause, soundscape ecologist, per TED talks: “The voice of the natural world”. In questa intervista Krause parla dei drastici cambiamenti che ha visto in molti tipi di ambienti, durante i 45 anni in cui ha girato il mondo per registrare i suoni della Natura. Ciò che ha imparato è difficile da descrivere con le parole, ed è difficile anche con l’ausilio di fotografie; per fortuna aveva un bel po’ di dati audio da trasmettere e una frase vera e indimenticabile: “Se una fotografia vale più di 1000 parole, un paesaggio sonoro vale più di 1000 foto”.

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