Il Vertical farming: nuove frontiere della filiera agroalimentare

In un articolo di tre anni fa abbiamo parlato per la prima volta di Vertical farming, ricordate? Abbiamo analizzato gli enormi vantaggi che possono derivare da una coltivazione in 3D che massimizza lo sfruttamento di superficie, riducendo il consumo di una risorsa sempre più rara e preziosa: i terreni coltivabili. Oggi, finalmente, sappiamo che queste realtà innovative stanno cominciando a svilupparsi in diversi Paesi, Italia compresa.

Daniele Benatoff e Luca Travaglini, co-fondatori di Plant Farms | © L’eco della stampa-Blog

All’ultimo Italian Tech Awards sono stati premiati i fondatori della startup brianzola Planet Farm, la più grande Vertical farm d’Europa, per “aver meglio usato la tecnologia per creare un impatto positivo sulla società”.

Cosa sono le Vertical farm?

In generale le possiamo definire come strutture verticali che accolgono indoor la filiera agroalimentare, dalla produzione alla vendita, passando anche per la trasformazione. Nello specifico, però, le varie realtà oggi conosciute sono piuttosto settoriali, spesso specializzate nella produzione di poche colture particolarmente richieste, ad esempio le cosiddette “fabbriche di insalata”. Cosa le differenzia, quindi, dalle coltivazioni intensive in serra? Teoricamente parlando, nulla. Si tratta sempre di piante identiche, prodotte in serie, in tempi stabiliti e con caratteristiche ben precise. Tecnicamente parlando, invece, cambia tutto. Il processo di coltivazione si svolge interamente in ambiente controllato, dove ogni parametro (luminosità, temperatura, umidità, pH, nutrienti) è mantenuto stabile alle condizioni ottimali di crescita delle piante. Questo consente di aumentare la produzione, eliminare le perdite legate a imprevisti meteorologici, azzerare l’uso di pesticidi, diserbanti o altre sostanze nocive e, ovviamente, ottimizzare lo spazio con lo sfruttamento di interi volumi e non più delle sole superfici.

Indoor vertical farm © Plenty

Grattacieli, capannoni, strutture ipogee, abitazioni… la varietà di edifici che possono ospitare una Vertical farm sono tanti perché l’impianto di coltura può essere modulato sulle esigenze delle aziende produttrici, dei ristoratori, degli uffici, delle singole famiglie o, per progetti più ambiziosi, anche di interi quartieri.

Dalle prime forme sperimentali, realizzate negli anni 2000 da Giappone e Sud-Est Asiatico, ad oggi, si sono fatti passi da gigante, spesso, per fortuna, nella direzione del biologico e della sostenibilità ambientale. Anche il prototipo italiano, progettato dall’ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie ed Energia) in occasione dell’Expo 2015 di Milano, è stato presentato al mondo come la prima serra verticale da destinare all’agricoltura biologica. Ma perché tanti studi e ricerche?

Germogli di fagiolo in coltura idroponica
Tecniche di coltura e tipologie di impianti

Partiamo dal presupposto che, per poter coltivare le piante su più livelli, non possiamo gestire i soliti bancali pieni di terreno; lo sviluppo verticale richiede l’impiego di tecniche di coltura fuori suolo e a ciclo chiuso, ovvero con radici libere di svilupparsi su substrati inerti (o in aria) e recupero delle sostanze nutritive in eccesso. I substrati inerti più utilizzati sono costituiti da torba sterilizzata, ma ultimamente anche la zeolite, un minerale di origine vulcanica che funge da “spugna” naturale, sta riscuotendo molto successo negli impianti di ZeoVertical. Il sistema del ciclo chiuso, invece, è così funzionale da risultare una costante in ogni tipologia di Vertical farm che, riducendo sprechi e rischi di ristagno, fa risparmiare soldi e risorse preziose. Vediamo perché: innanzitutto, qualsiasi pianta le cui radici sono immerse in acqua statica in eccesso sono esposte ad attacchi fungini e marcescenza; detto ciò, le vasche sospese degli impianti verticali impongono limiti di peso e forti necessità di drenaggio che la coltivazione al suolo non presenta; infine, un ambiente chiuso richiede la perfetta sinergia di ogni parametro fisico-chimico che, con inutili ristagni, sarebbe facilmente compromessa. Allontanare acqua e nutrienti in eccesso, quindi, porta enormi vantaggi su più livelli (perdonate il gioco di parole), compresi quelli economici e di sostenibilità. Il solo risparmio idrico, ad esempio, può superare il 95% se comparato ai tradizionali processi di coltivazione e produzione agricola; a questo si aggiunge il vantaggio (economico, salutistico e ambientale) dell’assenza di agrofarmaci, resi superflui dalla sterilità di un ambiente chiuso e controllato.

Coltura idroponica | © fritegotto.it

Con la tecnica della coltivazione idroponica, le radici delle piante vengono irrorate con soluzioni nutritive composte da acqua e sali minerali in quantità e rapporti precisi, variabili in funzione delle specie di piante, del loro stadio di sviluppo e dal tipo di produzione (semi, germogli, crescita di apparati fogliari, fruttificazione, ecc.). Le modalità di somministrazione della soluzione acquosa possono cambiare a seconda delle coltivazioni e, ovviamente, della tipologia di impianto e delle sue dimensioni. In Planet Farm, ad esempio, il cui scopo è produttivo e finalizzato alla vendita, l’intero processo di coltivazione, raccolta e confezionamento è meccanizzato. Ci sono macchinari e sensori per ogni passaggio: riempimento delle vasche con il substrato, semina, trasporto delle vasche dentro e fuori le camere di germinazione e di crescita, taglio del raccolto e imbustamento. In poche parole, nessuno tocca mai il prodotto. Chiaramente, un impianto di Vertical farm domestico, o comunque non a scopo di grande produzione, potrà essere piccolo, semplice e con raccolta manuale del prodotto, ma il monitoraggio dei parametri chimico-fisici sarà sempre computerizzato per assicurare un ambiente ottimale di crescita ad ogni pianta.

Vertical farm
Che aspetto ha una Vertical farm?

Dipende. Possiamo trovare sistemi multilivello simili alle scaffalature dei magazzini, con piante sistemate su ogni ripiano; sistemi a parete che, come una libreria, creano un muro verde di piante; sistemi a torre in cui le piante sono tutte disposte sulla superficie laterale della struttura contenete il substrato di coltivazione. Questa varietà di strutture si amplia ulteriormente quando andiamo a scegliere il tipo di alloggio della singola pianta e, quindi, delle modalità di irrigazione. Senza scendere troppo nel dettaglio, potete immaginare delle canaline con acqua corrente che bagna le radici delle piante, o delle vere e proprie “zattere di coltura” che galleggiano su vasche piene di soluzione nutritiva, o, ancora, i classici vasconi pieni di materiale inerte che vengono riempiti e svuotati periodicamente di sostanze nutritive liquide.

Coltura aeroponica

Il sistema aeroponico, infine, si distingue dagli altri perché le radici delle piante si sviluppano totalmente libere in aria, all’interno di camere di irrorazione in cui viene nebulizzata la soluzione nutritiva quando i sensori ne rilevano la necessità.

Le condizioni per essere sostenibili

Cosa ne pensate di questa nuova modalità di coltivazione? Sicuramente siamo tutti in grado di notare gli aspetti che immediatamente risaltano come dei vantaggi, ovvero il risparmio idrico, la massimizzazione d’uso delle superfici, il maggior controllo degli imprevisti per ridurre le perdite. Ma… tutti i consumi energetici che sono necessari a monitorare e a far funzionare questi impianti all’avanguardia? Il packaging con cui i prodotti vengono confezionati e smerciati, è compostabile o, almeno, biodegradabile? Se il Vertical farm dovesse prendere il sopravvento, saprebbe soddisfare la richiesta di mercato senza abbandonare i propositi di riduzione dell’impatto ambientale? Insomma, si tratta davvero di una filiera più sostenibile?

Molte di queste domande valgono tutt’ora per le normali tecniche di coltivazione, comprese quelle biologiche, quindi, come al solito, non possiamo che affidarci alla coerenza di chi propone e porta avanti certe realtà. Dal mio punto di vista, però, una cosa è certa: il potenziale c’è ed è alto! Le moderne tecnologie, applicate ad una progettazione sempre più green, sarebbero oggi assolutamente in grado di realizzare delle strutture con impatti molto ridotti, così come i nuovi biomateriali potrebbero velocemente sostituire il packaging plastico. Per il resto, i problemi sul crescente numero di bocche da sfamare, la loro concentrazione nelle zone urbane e le disuguaglianze economico-ambientali, restano… e, a meno di cambiare totalmente lo stile di vita attuale (cosa buona e giusta), una buona soluzione chiave è quella di verticalizzare le coltivazioni, così come abbiamo verticalizzato le nostre abitazioni e i nostri uffici. Non si tratta di abolire l’agricoltura per come la conosciamo, bensì di risolvere un po’ di problemi con una nuova visione che, speriamo, ci consenta di rallentare la nostra corsa verso il consumo definitivo delle risorse naturali. Al momento la visione di chi ha già avviato queste realtà, come i founders di Planet farm, è chiara: “Noi non siamo in competizione o contro l’agricoltura tradizionale ma siamo complementari. Oggi abbiamo delle colture intensive a grosso impatto ambientale, con problemi sulle falde acquifere e sui terreni. Si possono quindi rigenerare i terreni con regimi rotativi naturali, portando una parte della produzione in strutture come la nostra che sono realmente sostenibili ed efficienti”.

Coltura idroponica

Manteniamo le menti aperte a nuove realtà, Vertical farms incluse, perché con le giuste idee di pochi potremmo riparare ai danni dei tanti. LettUs Grow, ad esempio, è una startup britannica che sta lavorando su coltivazioni aeroponiche di alberi da frutto e di specie per la selvicoltura, andando a ridurre ulteriormente la futura pressione dell’uomo sulla risorsa suolo.

 

Per approfondire:

https://www.imperialbulldog.com/2019/05/02/green-big-projects/

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Un pensiero su “Il Vertical farming: nuove frontiere della filiera agroalimentare

  1. Alessandro dice:

    Ciao Marianna, hai scritto un articolo molto interessante in cui, con la solita competenza, descrivi un metodo di coltivazione che può essere utile per noi umani e per l’ambiente. Grazie!

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