L’essere vivente più grande del mondo è una posidonia che ha 4.500 anni e si estende per 180 km. Vive nelle acque di Shark Bay, il punto più occidentale del continente australiano. La sua capacità di resistere ad estremi climatici e ambientali è forse in una eredità genetica particolarmente ricca.

Una baia patrimonio dell’Umanità
Shark Bay è stata nominata patrimonio dell’Unesco per tre uniche caratteristiche naturali: ospita gli stromatoliti (colonie di alghe che formano sedimenti a forma di cupola, tra le più antiche forme di vita sulla terra), una nutrita popolazione di dugonghi e infine le prateria di fanerogame più vaste del mondo, circa 4.800 chilometri quadrati.

Proprio studiando le fanerogame, alla cui superdivisione appartengono le posidonie, i ricercatori dell’Università dell’Australia Occidentale e della Flinders University si sono imbattuti in una enorme sorpresa. Dopo aver prelevato germogli di Posidonia australis hanno iniziato ad analizzarli per capire quanto fossero geneticamente diverse le praterie di fanerogame di Shark Bay. Scopo della ricerca, valutare un progetto di ripristino. I campioni sono stati prelevati anche a 180 km di distanza tra loro, e gli scienziati sono dunque certi si tratti di piante diverse, ma l’impronta genetica rivela un’altra cosa. I campioni appartengono tutti alla stessa identica pianta. Una sola posidonia è stata capace di espandersi fino a colonizzare un’area di circa 200 kmq.

Un lavoro iniziato dopo la glaciazione
Calcolando i tempi di accrescimento, di circa 35 cm all’anno, e tenendo conto di altri parametri come la data dell’allagamento di Shark Bay, avvenuta in epoca post-glaciale, i ricercatori giungono ad un’altra conclusione: la pianta si è sviluppata da un seme che ha attecchito ben 4.500 anni fa. Scoprono anche che le sue dimensioni non sono l’unica caratteristica che la contraddistingue: quel singolo seme antichissimo che ha dato vita alla pianta è stato generato da due diverse specie di fanerogame marine, dando vita a un ibrido con il doppio dei cromosomi dei suoi parenti oceanici, quindi a un ‘poliploide’. La duplicazione dell’intero genoma attraverso la poliploidia si verifica quando le piante diploidi ‘genitori’ si ibridano e la nuova pianta invece di condividere il solito 50% da ciascun genitore conserva il 100% del genoma di entrambi. I test sono stati effettuati su una base di 18.000 marcatori genetici e sono stati pubblicati dalla Royal Society. “Gli eventi poliploidi – spiega lo studio – sembrano essere associati a periodi di cambiamenti significativi nel clima globale, inclusa la deglaciazione degli ambienti terrestri. I poliploidi terrestri sono più frequenti alle latitudini elevate e in ambienti estremi. Si trovano frequentemente in habitat che contrastano con quelli dei loro progenitori diploidi, indicando che la poliploidia è associata al successo evolutivo in termini di capacità di occupare nuove nicchie ambientali.”

Una questione evolutiva
A Shark Bay le varie posidonie hanno formato praterie che in alcune zone si estendono a perdita d’occhio in ogni direzione, ma le condizioni all’interno della stessa baia non sono né uniformi né facili. In alcune aree la salinità è doppia rispetto a quella di altre zone e la temperatura dell’acqua può oscillare dai 17°C ai 30°C, così come possono essere estreme anche le condizioni di luce. Sono questi tutti fattori di stress per le piante acquatiche, ma la poliploidia – recita lo studio pubblicato da Royal Society – anche se è stata spesso considerata un vicolo cieco evolutivo, è un processo che può creare ‘mostri pieni di speranza’. I poliploidi – continua lo studio – sono solitamente specie perenni con crescita vegetativa che occupano ambienti con bassa diversità. Riescono a competere con i loro progenitori grazie a un vantaggio adattivo, specialmente in condizioni di stress ambientale. La loro sopravvivenza sembra essere collegata al modo in cui si sono aggrappate a tutti i cromosomi dei due genitori, ottenendo una diversità genetica intrinseca. La poliploidia ha anche svolto un ruolo nella diversificazione e nell’espansione delle fanerogame marine.

L’evoluzione di queste piante acquatiche ha seguito un percorso molto simile, quasi speculare, a quello dei mammiferi marini. Tutte le piante terrestri sono frutto di un adattamento iniziato al massimo 500 milioni di anni fa nella zona intertidale. Alcune alghe si adattarono in aree che, per motivi climatici o geologici, divenivano gradualmente più asciutte, fino a colonizzare l’ambiente terrestre. Milioni di anni più tardi, le fanerogame in grado di attecchire in ambienti umidi e salmastri, si riadattano al mare. E con un certo successo. La loro evoluzione ha attraversato almeno tre eventi indipendenti di ritorno al mare nel Cretaceo inferiore prosperando in tutto il globo tranne che in Antartide. Gli scienziati hanno ipotizzato che il rapido innalzamento del livello del mare dopo la glaciazione provocò vaste inondazioni creando nuovi habitat per le specie marine bentoniche, tra le quali le fanerogame marine, che hanno così ricolonizzato la piattaforma continentale australiana. Si riproducono sessualmente attraverso la fioritura e la produzione di semi, oppure per via clonale, cioè attraverso l’estensione orizzontale del rizoma. Quest’ultimo è il caso dell’organismo più grande del mondo, la Posidonia australis di Shark Bay, la cui produzione di semi e frutti è insignificante.

L’importanza della posidonia
Il suo nome viene dal dio greco Poseidone, Nettuno per i romani, dio infero del mare. Infero perché il suo regno è sotto la superficie. Nell’antichità ciò che avveniva lì sotto era legato a culti misterici, ma i fondali marini sono stati un luogo misterioso fino ai nostri giorni. Solo recentemente, grazie ad una tecnologia subacquea sempre più sicura ed accessibile e ai sottomarini sempre più avanzati, abbiamo iniziato ad esplorare e a comprendere quel mondo, le sue dinamiche biologiche e sociali. I concetti stessi di nursery e di ambiente tridimensionale, applicabili alle barriere coralline quanto alle praterie sottomarine, sono concetti relativamente recenti. Coralli, posidonie e radici di mangrovie offrono cibo e protezione ad innumerevoli specie, tra le quali molte vi trovano rifugio (nursery) durante la fase di accrescimento. E poco si sapeva, fino a pochi anni fa, del ruolo della posidonia nella soluzione alla crisi climatica. La posidonia, non solo quella da record di Shark Bay, oltre ad offrire un habitat ideale per tartarughe marine, dugonghi, crostacei e molluschi costituisce una risorsa strategica per le sue grandi capacità (è due volte più efficace delle foreste pluviali) di catturare il carbonio e di sequestrarlo nei sedimenti. Non è quindi un caso che nella riserva marina che ospita le più estese praterie di fanerogame marine al mondo, con ben 12 specie, i ricercatori si siano presi la briga di investigare sulla loro resilienza. Né è un caso che sia avvenuto a seguito di un evento climatico eccezionale.

Resistere ad un clima sempre più ostile
Shark Bay si trova nell’interfaccia temperato-tropicale, il che significa che è esposta sia agli estremi temperati che a quelli tropicali del cambiamento climatico, come ondate di calore e cicloni. Nell’estate tra il 2010 e il 2011 la costa occidentale dell’Australia è stata esposta a un’ondata di caldo senza precedenti con temperature medie di 3°C superiori allo storico. Le conseguenze dell’impatto sugli ecosistemi terrestri e marini hanno avuto un lungo strascico. Tra il 2010 e il 2014 è scomparsa un’area stimata di 1.310 kmq di praterie fitte di fanerogame marine. Le specie più colpite erano quasi interamente tipiche di ambienti temperati. Anche la Posidonia australis è stata colpita, ma in alcune aree i ricercatori hanno registrato un recupero naturale, con la densità dei germogli tornata ai livelli precedenti all’ondata di caldo.
“Non è noto esattamente – conclude lo studio – come il clone poliploide vari la sua risposta alle condizioni ambientali locali. Sarà oggetto di ulteriori ricerche, ma la sua relativa abbondanza suggerisce che ha sviluppato una resilienza a condizioni variabili e spesso estreme che gli consentono di persistere ora e in futuro.”
Con i nostri – aggiungerei – più sinceri auguri.
- https://royalsocietypublishing.org/doi/10.1098/rspb.2022.0538
- https://www.theguardian.com/environment/2022/jun/01/what-the-hell-australian-scientists-discover-biggest-plant-on-earth-off-wa-coast
- https://www.youtube.com/watch?v=1Z8o2xh_kR4&feature=emb_title
- https://www.imperialecowatch.com/2021/05/13/carbonio-blu-una-risorsa-del-mare-contro-la-crisi-climatica/
- https://www.imperialecowatch.com/2022/03/31/la-ripresa-del-pianeta-parte-dal-mare/