Agroforeste: mangiare e vivere ‘wild’

Pollice verde sì, ma con misura. Sembra che l’abitudine di coltivare il proprio giardino con dedizione sia sotto inchiesta, presa di mira dal cosiddetto “movimento “anti-pratista”, foraggiato negli anni dalle voci di scienziati ed ambientalisti che classificano come “non sostenibile” il poligono di erba ben rasata.

Tipico esempio di giardino non sostenibile

Già nel 2015 un articolo di Science (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1618866715000436) indicava che i prati” occupano nel mondo un’area più grande di Inghilterra e Spagna messe insieme.” Motivo della bocciatura: la cura del prato fa consumare acqua, inquina il suolo con i fertilizzanti, riduce la biodiversità. Tematiche sempre più cavalcate: ed è così che torna alla ribalta l’alternativa sostenibile al praticello meticolosamente rasato stile “Edward mani-di-forbice”: il giardinaggio forestale.

Coltivare una foresta (commestibile) in città

Si tratta di un sistema di lavorazione dell’area verde a bassa manutenzione che persegue il modello naturale dell’ambiente foresta e che può essere realizzato ovunque, dal parco cittadino al cortile o balcone casalingo: alla base, il concetto che non deve essere l’umanità ad educare e plasmare la natura secondo le esigenze, ma il contrario. Siamo noi, in guanti e stivaloni, ad applicare con umiltà e pazienza le direttive che ci arrivano dall’osservazione dei mondi selvatici. Quello che si crea è un ambiente in apparenza selvaggio e a volte disordinato, di fatto frutto di uno studio, e di applicazione di regole precise.

Agroforestazione

La sostenibilità è la sua caratteristica: a differenza del giardino convenzionale, l’agroforesta non richiede attenzioni continue e grande impiego di risorse, come acqua e concime: vengono coltivate piante semi-selvatiche, e per nutrire il suolo si può anche usare il letame degli animali (anatre, galline, capre) che possono essere alloggiati nel giardino. La tutela della biodiversità è funzionale all’autosostentamento: si coltivano diverse specie di piante ed erbe che appartengono alla flora territoriale, utilizzando tecniche specifiche della tradizione e cultura locale, con una prospettiva a lungo termine che possa garantire l’autosufficienza delle generazioni future. E nell’agroforesta gli insetti impollinatori ritrovano la loro dimensione, fra piante e fiori diversi organizzati in un sistema complesso.

Una tecnica nata con l’uomo

Il giardinaggio forestale non è un’invenzione recente: nasce in epoca preistorica nelle zone tropicali e monsoniche, dall’attività delle famiglie che cercavano nella natura un sistema efficace e stabile di produzione alimentare.

Robert Hart

Negli anni ’80 l’inglese Robert Hart lo ha introdotto nelle zone temperate, come il Regno Unito, e nel suo libro “Forest gardening, rediscovering nature and community in a post-industrial age”, illustra il sistema dei “sette strati” che devono comporre il giardino-foresta:

  • strato a baldacchino costituito dagli alberi da frutto
  • strato di alberi più bassi, come quelli di noci, e alberi da frutto più piccoli
  • strato di cespugli di frutta
  • strato erbaceo di verdure ed erbe perenni
  • strato sotterraneo di radici e tuberi
  • strato di copertura con piante commestibili orizzontali
  • strato verticale di viti e rampicanti

Vengono predilette le piante selvatiche e spontanee, o comunque quelle che non hanno bisogno di molte cure e irrigazione: corbezzoli, fichi, ribes, more, gelso, mirto, erbe infestanti mangerecce come ortica, cicoria e crescione, asparagi ed aglio selvatici, cardo, e tante spezie come timo, finocchio, mentuccia. Il giardino-foresta è anche un modo per conoscere un microcosmo di specie vegetali insospettato, e con esse aromi, profumi e sapori nuovi: una vera esperienza sensoriale.

Alberi di ulivi e banane in un prato di fave – Marocco | © Abdellah Azizi

E si tratta, in fase iniziale, di un lavoro di meditazione, per abbracciare una cultura e consapevolezza diverse: essere grati alla terra per i doni spontanei che offre, che devono essere alla portata di tutti. Attraverso il lavoro di giardinaggio forestale, chiunque dovrebbe avere diritto all’autosostentamento, nel rispetto del vicino: è quanto professa l’Agroforesty Research Trust, organizzazione educativa e di ricerca fondata nel 1992, che realizza progetti di forestalizzazione di grandi appezzamenti di terreno con l’obiettivo dell’autosufficienza e che, come ormai altre strutture nel mondo, propone corsi di formazione che rilasciano il “Forest gardening Design Certificate”.

Ape su un ramo di pesco
Giardinaggio forestale: necessità, moda, nuovo pensiero?

Ma se per molti il giardinaggio forestale può rappresentare uno stile di vita alternativo e un’opportunità per sperimentare una piacevole sostenibilità, per chi soffre il disagio sociale ed economico, nei paesi in via di sviluppo, può diventare la soluzione all’emergenza fame, alla scarsità di acqua e alla povertà del suolo. I cosiddetti “giardini domestici” sono molto frequenti nell’India meridionale, in Indonesia, in Africa (Zambia, Zimbabwe, Etiopia e Tanzania), Nepal, Messico, Yucatan. Sono ambienti in cui lavorano intere famiglie o comunità, sollecitando la socialità e la condivisione, per produrre in maniera autonoma cibo, spezie, medicine, foraggio, fiori, legno da costruzione, a volte anche carburante.

Pianta spontanea di aglio orsino

Nei paesi industrializzati il modello dell’agroforesta sta tornando alla ribalta perché negli ultimi anni si è amplificata la coscienza della globalità di emergenze quali cambiamento climatico, fame e desertificazione. E così si stanno sviluppando ulteriori soluzioni molto vicine al binomio autosostentamento e rispetto della natura: i community gardens, come il Wolves Lane Centre a Londra, un complesso di serre di frutta e verdura dove lavorano i senzatetto e dove si servono pasti a km zero; il “rewilding”, la tecnica che ristabilisce l’ecosistema naturale nei terreni devastati da colture intensive, e che purifica l’aria delle zone urbane limitrofe; i giardini spirituali, in bilico fra ecologia e misticismo, dove si lascia che la natura recuperi da sola il suo equilibrio, apportando minimi cambiamenti per accelerare un processo di guarigione; il no-dig gardening, promosso da Charles Dowding, che considera lo scavo nemico della biodiversità, e che consiste nel gettare i semi in uno strato di pacciamatura che copre il terreno, nel quale le piante metteranno radici.

Forest Garden | © JardinPro
Prato: con te o senza di te

Per chi davvero non riesce a rinunciare al prato, sono state studiate alternative più sostenibili: i “meadow lawns”, un cocktail di biodiversità (fino a 25-30 specie erbacee diverse); i prati senza erba, composti da piantine che non hanno bisogno di sfalci continui; i prati pittorici, fatti di piante decorative annuali.

Anche se in un momento in cui nel mondo aumenta la sete di acqua, il prato, che esige frequenti irrigazioni, potrebbe diventare un lusso che non possiamo più permetterci. I fertilizzanti e gli erbicidi possono contaminare le acque superficiali e sotterranee, e sicuramente decimano i piccoli abitanti del tappeto erboso, come lombrichi, ragni, lumache.

Insetti impollinatori

I tosa-erba che lavorano a ritmo serrato rilasciano nell’aria le emissioni dei combustibili fossili, e gli sfalci frequenti respingono le api e tutti gli altri insetti addetti all’impollinazione. E la biodiversità si riduce anche a livello vegetale: i prati, in ogni parte del mondo, presentano una flora standardizzata, creata artificialmente attraverso una miscela di semi comune. Infine, una riflessione ideologica: perché consumare tante preziose risorse, in primis l’acqua, spesso per realizzare bellissimi prati in cui è vietato camminare anche a piedi scalzi, giocare e annusare, e dove l’unico senso coinvolto è la vista?

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Un pensiero su “Agroforeste: mangiare e vivere ‘wild’

  1. Luciana Beghè dice:

    Progetto da condividere e divulgare assolutamente. Troppo importante, forse un po’ utopistico, ma bisogna avere fiducia, soprattutto se sono coinvolte persone di rara bellezza e sensibilità e che affrontano la vita con fantasia ed entusiasmo come Amelia Vescovi

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