Un daino per amico

Incontri inaspettati

Luglio assolato. Sardegna occidentale: il versante più selvaggio e lontano dal turismo di massa. Sulla costa le falesie intaccate da profonde fenditure sono testimoni di furiose tempeste che nel corso di migliaia di anni hanno inciso e scolpito questa zona selvaggia della Sardegna.

Aspettando il tramonto | © Chiara Baù

Il maestrale, vento predominante che soffia dal Golfo del Leone, nel sud della Francia, è il direttore d’orchestra che dirige gran parte delle perturbazioni. Al mattino concede spazio anche agli altri venti ed è interessante notare come fino ad ora inoltrata si susseguano venti minori come il libeccio, il grecale, lo scirocco che tentano di entrare nel golfo di Alghero sovrapponendosi alle brezze di terra e di mare. La maggior parte delle volte arriva a farsi sentire intorno alle 13 quando la bandiera che indica la direzione del vento vira ad ovest, la direzione del maestrale. Nuovi disegni si intersecano sul mare con increspature e raffiche che caratterizzano questo vento fresco, amico delle barche a vela. Al tramonto il sole si concede un tuffo tra le onde regalando spettacoli ogni giorno diversi.

Cammino ogni sera verso una grotta chiamata “la grotta dei vasi rotti” grazie al ritrovamento di vasi risalenti al neolitico. Qui una balconata naturale sfida qualsiasi schermo televisivo e il tramonto la fa da padrone. I venti si conciliano col mare e tutto è silenzio. In cima alla scogliera il faro di Capo Caccia, con la portata più potente della Sardegna comincia la sua vita notturna. Tempo di rientrare. Una lunga camminata e arrivo nel villaggio dove dormo in tenda.

Il percorso è obbligato e mi trovo a percorrere ogni sera uno stretto vialetto in muratura. A destra e sinistra un cantiere abbandonato dove la boscaglia ha preso il sopravvento.

Sono le otto di sera. I pensieri a fine giornata sono ricchi di emozioni, di sensazioni e colori che il mare trasmette durante la giornata. La mente è distratta. Cammino assorta, la vegetazione intorno è complice del buio che pian piano avanza. Guardo dritto davanti per non incespicare mentre in fondo al vialetto la luce del sole sfuma lentamente.

Un cucciolo di daino lungo il vialetto | © Chiara Baù

All’improvviso avverto d’istinto una percezione irrazionale che mi fa volgere lo sguardo verso la boscaglia ormai scura nell’ombra. Al di là del muretto di delimitazione un cucciolo di daino mi sta fissando. Il villaggio si trova all’interno di un’area che appartiene al parco naturale di Porto Conte ma si tratta comunque di un piccolo centro abitato. Il cucciolo continua a fissarmi fermo, immobile, incuriosito. Non so chi sia più stupito di noi due. Dopo un attimo di disorientamento, rimango ferma, non voglio spaventarlo e gli parlo come fosse un bambino. C’è una luce negli occhi degli animali selvatici che ha un che di umano oltre che di magia, qualcosa che ti porta in un mondo incantato. Cosa che ho sperimentato con gli orsi, i caprioli, le volpi ma lo sguardo di questo daino mi strega. Stiamo qualche secondo insieme ad osservarci, poi proseguo mentre il daino si dilegua nella fitta macchia mediterranea. Il cielo limpido e pulito dal maestrale sta facendo calare il sipario del giorno. Ancora incredula mi ritro nella mia tenda conscia dell’immensa fortuna di questo incontro insperato.

L’angelo custode dei daini

Sandro, nato a Porto Torres è il custode del villaggio. Silenzioso e col volto scolpito dal sole e dal vento ha una carnagione scura, di aspetto regale. Trascorre tutto l’anno in questo angolo incontaminato di Sardegna. Uno sguardo profondo con un luccichio penetrante negli occhi. Capisco presto il perché. L’indomani gli racconto del mio incontro col cucciolo di daino. Da qui nasce la fiaba.

Sandro e un cucciolo di daino ferito | © Chiara Baù

 

Sandro mi racconta come i daini scendano lungo la strada che porta al villaggio fermandosi addirittura allo stop disegnato sull’asfalto e dopo un attimo di esitazione proseguono, In fondo questo è un territorio che un tempo era loro. Sembra addirittura che questi animali abbiano imparato gli orari degli irrigatori dei giardini e usufruiscano anche loro del refrigerio cui godono i praticelli delle case circostanti per abbeverarsi. Mi racconta dell’amicizia con Dino, così ha chiamato il cucciolo di daino che è diventato il suo migliore amico, soprattutto d’inverno quando Sandro è da solo e la Sardegna si riappropria del suo carattere solitario e schivo. Mi racconta come una mattina d’inverno di un paio d’anni fa un cucciolo di daino, totalmente spaesato si sia avvicinato alla sua casa. I cuccioli maschi dopo circa sei mesi trascorsi con la madre proseguono il cammino con degli esemplari maschi. Probabilmente questo cucciolo si era perso e affamato e bisognoso di un punto di riferimento lo aveva trovato in Sandro. E Sandro provvede a nutrirlo con qualche pezzo di pane e a ristorarlo con un po’ d’acqua. È l’inizio di un’amicizia. Meraviglioso come gli animali non facciano differenza di razza, persona, sesso. Si instaura un rapporto di fiducia che dura tuttora. I primi incontri sono stati solo di sguardi. Il daino comincia a scendere dalle montagne avvicinandosi quotidianamente all’amico che lo nutre e lo abbevera. Ed è ciò di cui hanno più bisogno questi animali.

Daino assetato | © Chiara Baù

Per facilitare Sandro usa un secchiello, lo stesso utilizzato dai bambini per costruire castelli di sabbia. All’inizio il daino è un pò restio a infilare il muso in quel piccolo contenitore blu con tanti disegni. Ma dentro c’è acqua fresca, la sua fonte di sopravvivenza e la sete ha la meglio. Durante l’estate gli schiamazzi dei bambini e l’abbaiare dei cani spaventano il daino, ma nulla intacca quel rapporto di fiducia e amicizia. Il racconto di Sandro prosegue. Sembra che nella boscaglia ci sia stato un passaparola tra daini, cinghiali e volpi. Altri animali si avvicinano piano piano a Sandro, in uno scenario di ordinaria natura. Sembra una fiaba, ma lo è. Sandro continua a raccontarmi di quanti daini abbia fin ad ora soccorso e poi liberato.

I daini del parco

Il daino (dama dama), in sardo crapolu, fa parte degli ungulati presenti in Sardegna. La storia del daino è piuttosto interessante e le vicende che l’hanno portato a diventare il cervide più diffuso nel mondo meritano di essere raccontate. Il daino in Sardegna non è un mammifero autoctono. Diffuso in Europa nel passato, si estinse durante l’ultima glaciazione. A causa del freddo glaciale fu spinto a sud e sopravvisse in Asia nella penisola Anatolica. Furono i Fenici, rinomati navigatori, ad importarlo in Sardegna prima del 1000 a.C., poichè si trattava di un animale sacrificale. Fu perciò introdotto in Europa per la prima volta proprio in Sardegna e successivamente dai Romani nella penisola Italiana e in Europa, dove si diffuse grazie alla sua spiccata adattabilità. Intorno agli anni 60, a causa del bracconaggio è stato portato all’estinzione.

Sandro e il daino | © Chiara Baù

Dalla seconda metà degli anni ’70 sono stati intrapresi interventi di reintroduzione a partire da nuclei provenienti dalla Toscana e dalla Calabria (regioni dove per lo più erano stati introdotti proprio con esemplari provenienti dalla Sardegna), che hanno restituito all’isola questo meraviglioso animale. Lo stato attuale della specie vede una distribuzione a macchia di leopardo, con popolazioni numerose solo localmente e vastissime aree dove invece è tuttora assente. Come spesso capita con altre specie di ungulati, la presenza del daino in aree agricole e pastorali può entrare in conflitto con le attività antropiche a causa dei danni che gli animali possono arrecare alle coltivazioni e agli erbai. Sandro stesso mi fa presente che alcuni proprietari di case nel villaggio sono infastiditi dalla presenza dei daini che potrebbero entrare nei giardini, ingolositi da fiori e germogli. Come nel cervo, le femmine di daino sono prive del palco di corna, mentre i maschi possiedono il tipico maestoso palco che esibiscono con orgoglio nel periodo del bramito in autunno. Nel daino però le ramificazioni distali sono unite assieme a forma di pala. I palchi cadono e si rigenerano ogni anno in primavera e ad ogni rigenerazione si presentano più robusti e più ramificati. La colorazione tipica del manto è quella pomellata, con colore di fondo fulvo, rossiccio o bruno picchiettato di macchie bianche sul dorso e sui fianchi, mentre il ventre è bianco. Durante l’inverno il manto perde la pomellatura e diventa più scuro, pur conservando il bianco sul ventre e nel sottocoda. L’alimentazione del daino è soprattutto a base di germogli, foglie, frutti ed erba.

Sandro e il daino | © Chiara Baù
Un’eccezione alle regole della natura

Colpito dal mio interesse per i daini, Sandro il giorno successivo mi chiama mentre mi sto recando al mercatino del villaggio “Chiara, ti presento il mio amico”. Esordisce “Vieni subito lungo la strada.” Lascio tutto ciò che stavo facendo e mi precipito. Trovo Sandro con il daino che lo segue come fosse un cane. Mi invita a dargli del pane. Ho qualche esitazione. Prima di darmi confidenza il daino volge lo sguardo a Sandro come a chiedergli un’autorizzazione a fidarsi di me. Sandro rassicura il daino, che tranquillizzato si avvicina e afferra il pezzo di pane dalla mia mano. La natura insegna che non bisogna abituare gli animali selvatici al contatto con l’uomo, tanto meno ad alimentarli per non compromettere la capacità di cercare il cibo nel loro habitat naturale: diventare confidenti con l’uomo presenta più rischi che benefici. Ma esistono eccezioni anche a regole prestabilite. La storia di Sandro e dei suoi daini va al di là di ogni regola, una frequentazione che porta ad una bellezza reciproca per entrambi. Come sempre il contatto con il mondo selvaggio e incontaminato funge da sveglia, perché insegna semplicità, minor ostentazione e più cura di ciò che abbiamo a disposizione. Un secchiello d’acqua può essere vitale per un animale, mentre l’uomo tiene i rubinetti aperti per lavarsi i denti, incurante dello spreco d’acqua. L’uomo è distratto, spesso troppo assorbito dai social e privo della propria solitudine.

Vita in villaggio | © Chiara Baù

Di recente, per motivi di lavoro, ho avuto modo di osservare la vita di un villaggio turistico dove migliaia di persone in vacanza erano obbligate ogni giorno a pranzare in un’ampia sala il cui ingresso era consentito solo con la timbratura di un’apposita tessera. In fila venti minuti per accedere ai primi, poi ai secondi, infine al dolce. Il tutto condito da un sordo brusio continuo ed ininterrotto durante tutta la giornata. Mai una pausa di silenzio. Sembrava che ognuno di loro non potesse fare a meno di una consuetudine innata e di una routine che li aveva accompagnati durante tutto il corso di un anno lavorativo. Senza contare la ripetuta richiesta rivolta agli organizzatori “Oggi cosa facciamo?” quasi ad aver perso totalmente contatto con i propri desideri e volontà. Giornate programmate che iniziavano con balletti sul bagnasciuga del mare, ad opera di animatori della struttura e scanditi da un sottofondo musicale a tutto volume capace di turbare persino il sistema neuronale primitivo delle meduse o di far fuggire dal loro habitat le tracine nascoste nella sabbia e persino il plancton che non aspettava altro che la corrente più veloce per spostarsi in lontane zone di solitudine e silenzio. Non mi sembrava possibile scegliere una vita di vacanza addomesticati dal cosiddetto sistema. Temo che il mondo sia troppo distratto, incapace di meravigliarsi, di incuriosirsi, assorbito da assordanti volumi di musica alta, quando potrebbe essere oltremodo rilassante ascoltare il canto di un cardellino o il frinire delle cicale . Per assurdo vengono poi reclamizzate tra le varie attività promosse da alcune strutture turistiche iniziative quali la percepiton walking, ovvero la passeggiata sensoriale a occhi chiusi nella natura. E così si accede ad esperienze nella natura perché proposte da programmi precostituiti piuttosto che stimolati da propri pensieri o desideri.

Il daino e Chiara | © Chiara Baù

Nel porgere un pezzo di pane al daino insieme a Sandro ecco che si avvicina un bambino di nome Tiziano, 4 anni. Non gli sembra vero di incontrare Bambi, sì perché è il daino l’animale raffigurato nei cartoons della Walt Disney. Corretta la regola di non dare cibo ad animali selvatici, anche se in un’epoca in cui sono sempre gli umani a ferire la natura , ma sia pur trasgredendo offrire del pane ad un daino mi sembra un piccolo innocuo aiuto che porta solo bellezza, come l’ha portata a Sandro e a me. Tiziano è fortunato, il suo contatto con il daino è un nuovo cammino dell’inatteso e dello stupore, lo sguardo di quel daino che posso solo augurargli gli rimanga impresso nella mente per sempre.

Baia di Capo caccia | © Chiara Baù

Torno sulla spiaggia, le correnti hanno spinto lungo la costa decine di meduse, meravigliose nel loro peregrinar per mare e affascinanti nel riuscire a mantenersi in posizione verticale con i tentacoli rivolti verso il basso anche quando le correnti sono impetuose. Crostacei, gasteropodi, stelle e ricci di mare vengono capovolti anche da piccole onde ma con armonia si rigirano e si lasciano trasportare in un continuo, perfetto equilibrio. Un equilibrio che la natura è sempre pronta a mostrarci.

 

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10 pensieri su “Un daino per amico

  1. Claudio dice:

    Solo ora ho letto l’ultimo racconto di Chiara e come sempre mi ha allietato la giornata. Bambi, il tenero sogno di ogni bimbo di tante generazioni. Non so se ancora i piccoli vedono i film Disney. Sarebbe un peccato se i genitori li lasciassero su tablet e telefonini a rimbambirsi di social senza introdurli nel mondo fatato della Disney. Che era, è stata la poesia della natura tradotta in cartoni animati splendidi! Gli animali e i bambini sono istintivamente connessi, ma non attraverso l’imperante tecnologia, ma naturalmente, attraverso buoni sentimenti. Che, purtroppo, fanno fatica a sopravvivere travolti dai ritmi del mondo economico, consumistico che condiziona le nostre vite. Ma c’è sempre una scelta per ognuno di noi, basta accorgersi, fermarsi e riflettere. Poi ogni personale decisione è degna di rispetto. Grazie Chiara, sei sempre fonte di riflessione e ispirazione

    • chiara dice:

      Grazie caro Claudio, come dici tu , c’è sempre una scelta, e scegliere la natura è secondo me basilare per tutti gli insegnamenti che ogni giorno ci da.

  2. Manfredi dice:

    Fantastico !!! Fortuna esistono ancora persone come Sandro e Chiara. Chiara che dire ….come in tutti i tuoi racconti che ho letto riesci a emozionarmi incuriosire rendermi partecipe del racconto e darmi delle informazioni insomma Bravissima. Ora aspetto il nuovo racconto per vedere di cosa si tratterà questa volta. Ps. Tiziano e stato veramente fortunato, sono pochi, purtroppo, i bambini che posso vivere le favole.

  3. Chiara dice:

    Cara Enza , è proprio l’armonia che mi da ogni secondo in compagnia della natura a voler poi trasmettere tale sensazione.grazie per aver letto il racconto

    • Carlo dice:

      Chiara,Ho letto grazie ad Enza il tuo meraviglioso racconto. Sono il cugino sardo, e davvero non conoscevo della presenza dei daini in Sardegna. Il tuo racconto è meraviglioso, avvincente, a tratti commovente. Grazie di questo tuo regalo, grazie di cuore, Carlo.

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