Anche rinunciare ad un “grazie” via e mail può salvare l’ambiente, proprio come stringere il rubinetto che perde una goccia d’acqua fa risparmiare sulla bolletta a fine anno. Ce lo ha confermato il rapporto
dell’Agenzia Internazionale dell’Energia: le reti di trasmissione dati producono l’1% delle emissioni di gas serra, e visto che dal 2010 il traffico internet globale è aumentato di 20 volte, si prevede crescerà sempre di più la richiesta di servizi on line, in particolare di streaming video e cloud gaming. E metaverso, l’Internet a tre dimensioni.
Quanto consuma il meta-cervello
La parola compare per la prima volta nel 1992 nel romanzo di fantascienza “Snow Crash “di Neal Stephenson, ma solo di recente è entrata nella progettazione come evoluzione della già nota realtà aumentata, coinvolgendo diversi investitori del web, tanto che lo stesso Mark Zuckerberg ha scelto di cambiare il nome della sua azienda da Facebook a Meta.
Il metaverso si annuncia come un mondo on line di spazi virtuali condivisi e intercomunicanti dove un numero illimitato di utenti può lavorare, fare shopping, giocare, viaggiare. È un villaggio globale in cui ci si può immergere, per ora attraverso un visore, e presto, a detta dei fautori del Web 3.0, tramite sensori indossabili molto meno ingombranti, un paio di occhiali tascabili che dovrebbero sostituire lo smartphone. Al momento sono i videogiochi e le vendite i comparti dove questa tecnologia è più appetita, anche se potrebbe essere applicata presto in settori di utilità pubblica, come quello sanitario, o nel campo della formazione e della ricerca scientifica.
Il metaverso potrebbe trovare impiego anche nella decarbonizzazione del pianeta. Ma non è anche questa una tecnologia energivora? Se è vero, come annunciano i principali sostenitori, che il metaverso potrà abbracciare ogni attività della vita pubblica e privata, probabilmente saranno necessari centri di elaborazione dati sempre accesi e sempre più potenti.
Su questo chiediamo il parere di Lorenzo Capannari, CEO di AnotheReality, società che sviluppa mondi virtuali.
“Le emissioni dovute alle nuove tecnologie non sono quantitativamente maggiori rispetto a quelle degli apparecchi elettronici più diffusi al momento.” Inoltre il metaverso si servirà del cloud computing, che consuma meno energia rispetto ai data center fisici. Anche se in futuro aumenterà anche il volume della “nuvola informatica, tanto che i principali server di cloud per non sbagliare acquistano da ora energia prodotta da fonti rinnovabili. E sta per attivarsi in Pennsylvania, USA, un data center che funziona a energia nucleare, a marchio Cumulus Data, proprio per garantire zero emissioni di carbonio .
Più pittoresco il metodo dell’azienda olandese BitcoinBloem, dove il cervello informatico lavora senza sosta per produrre bitcoin, la criptovaluta che richiede molto impegno digitale, con l’elettricità derivata dal gas naturale di una gigantesca serra di tulipani. E nel Nord Europa sono in corso programmi di riutilizzo del calore disperso dai data center per riscaldare uffici, condomini che si trovano nelle immediate vicinanze.
Virtuale ma green
Secondo Lorenzo Capannari, il metaverso può collaborare nella ricerca di soluzioni alla crisi climatica. “Attraverso l’uso delle tecnologie immersive si potrebbero realizzare programmi di sensibilizzazione ambientale coinvolgenti grazie alla trasmissione di emozioni dirette e impressionanti che restituiscono una sensazione viva e reale. Verrebbe offerta la possibilità di visualizzare e vivere gli effetti del cambiamento climatico in prima persona, veicolando al fruitore un messaggio in maniera impattante.” Così come per le persone, si può creare il gemello digitale del nostro pianeta sintetizzando i dati raccolti tramite satellite, per studiare la Terra, come è ora, e come potrebbe diventare nel futuro prossimo.

Capannari sottolinea inoltre che il metaverso combatte l’inquinamento perché consente di partecipare da remoto a riunioni, lezioni ed incontri di vario tipo in forma totalmente immersiva, riducendo le emissioni dei veicoli per i trasferimenti. E non si tratterebbe semplicemente di seguire un evento on line, ma di vivere l’esperienza attraverso il proprio io virtuale che interagisce in un mondo in 3D.

È quello che stanno già facendo alcune aziende: ad esempio la veronese Ferroli, che invita il pubblico e il personale a meeting e show-room in uno spazio ampio e rilassante.
Desideri in 3D
E non si ridurrebbero solo le emissioni di aerei e automobili, ma anche delle strutture materiali che ospitano gli eventi: Matthew Ball, partner di Maker Fund, fondo di investimenti dedicato all’intrattenimento, spiega che l’omologo virtuale di un parco tematico come il Disney Orlando Resort, farebbe risparmiare tutte le emissioni di gas serra derivate da trasporti e consumi, ma anche terreno calpestabile che potrebbe essere gestito in modo più sostenibile.
La possibilità di fruire di spazi digitali senza confini potrebbe aiutarci a ridimensionare le nostre esigenze abitative: perché desiderare una dimora ampia, se possiamo avere, anzi vivere, quella dei nostri sogni in una realtà parallela? Secondo Ball il capitale finora investito nelle iniziative commerciali ad alto impatto ambientale, come i grandi concerti, le crociere, gli eventi sportivi internazionali, potrebbe essere veicolato su progetti di immersione nella natura reale.

E dato che i maggiori fautori di metaverso operano nel mondo dei videogiochi e delle transazioni economiche afferenti, il messaggio sembra essere: fate il vostro (nuovo) gioco, signori, ma una parte del vostro tempo dedicatela a veri alberi e fiori.
E se l’emergenza climatica ci sta sollecitando sempre più al turismo a basso chilometraggio, il metaverso ci porterà senza allacciare le cinture in luoghi esotici dalla barriera corallina incontaminata o dai ghiacciai imperituri. Per chi professa lo flygskam (la vergogna di prendere l’aereo, l’orgoglio di viaggiare ecosostenibile), l’opportunità di mantenere un profilo green con il turismo (reale) a breve distanza e di saziare il desiderio di una vacanza (digitale) in altri continenti.
“Il potenziale dei viaggi virtuali è appunto quello di far vivere un’esperienza in maniera completamente immersiva e interattiva direttamente da casa. Sono noti inoltre gli effetti anti stress dovuti alle esperienze virtuali in paesaggi rilassanti all’interno della natura, siano questi scenari reali o mondi virtuali realizzati appositamente.” spiega Lorenzo Capannari.
E un’esperienza nella natura “immateriale”, per quanto possa sembrare un paradosso, può essere una soluzione per chi, ad esempio, ha difficoltà di spostamento o non può rischiare il minimo infortunio, è portatore di disabilità, di patologie o di fragilità immunitaria: chi soffre di fotoallergia potrebbe così passeggiare su una battigia assolata, chi teme le punture delle api potrebbe volteggiare senza pensieri in un campo di lavanda…
Meta-moda, verde illusione
C’è chi poi lancia la carta-jolly della sostenibilità ambientale per creare una nuova nicchia di consumatori, quelli che acquistano abiti ed accessori virtuali. Molte aziende di abbigliamento si sono avventurate nel metaverso, inaugurando boutique digitali dove gli avatar possono provare e comprare vestiti appagando il desiderio degli utenti di cambiare frequentemente il proprio look seguendo l’onda capricciosa della tendenza. La fast fashion irrompe nel virtuale, sventolando un po’ troppo allegramente la bandiera della sostenibilità: gli operatori del settore sostengono infatti che questo mercato, nonostante proponga sempre abiti usa e getta con cui gli utenti stabiliscono una relazione effimera, è tuttavia amico dell’ambiente perché riduce l’inquinamento delle industrie tessili.

Molti celebri marchi sono entrati nella piattaforma di videogiochi Roblox: H&M è presente con Looptopia, dove i giocatori possono inventare outfit, e guadagnare punti se compiono alcuni gesti di pseudo-riciclo: scambiarsi i vestiti fra loro, e riutilizzare vecchi capi. Ma riusciranno a rispettare questa circolarità anche nell’armadio di casa, o una volta staccati dal visore 3D si precipiteranno nei megastore cittadini? E la Nike ha dichiarato che grazie a questa nuova tecnologia riuscirà ad ottimizzare il ciclo produttivo, risparmiando materiali ed energia: si producono solo le scarpe che hanno suscitato maggior interesse nel meta-negozio. Che a giudicare dal richiamo planetario di questo marchio, non saranno a tiratura limitata.
Secondo Capannari, la virtualizzazione degli oggetti renderà sempre più superfluo il loro acquisto fisico. Oppure lo accentuerà. È questo il potenziale del metaverso: amplificare l’essere o l’avere. A noi la scelta.
Qualunque sia la meta di queste future immersioni nel mondo digitale, natura, scenari di fantascienza o viaggi nel passato, come al solito starà a noi scegliere qualcosa che può essere un giocattolo così come uno strumento di progresso.
Interessante. Mette anche un po’ a disagio questo scenario. Mette di fronte a scelte personali, sempre che in futuro non vengano azzerate da obblighi.
Riguardo il paragrafo sulle esperienze di viaggio sintetiche, i produttori di “Atto di forza” videro lungo, quindi.
Meglio: il preveggente fu lo scrittore del romanzo alla base: “We Can Remember It for You Wholesale”.