Oceangate: Hybris Profonda

Non mi riferisco ai passeggeri. È d’obbligo metterlo all’inizio, nell’era dei titoli e sottotitoli scrollati su un touch screen. La tragedia del sottomarino Titan ci dice molto sulla natura umana. A cominciare dalle soluzioni tecniche le quali, in nome della sacra ‘innovazione’, potevano permettersi di violare gli standard prefissati dai soliti burocrati. E per finire con il nome del sottomarino: Titan, così simile al nome del relitto che si prefiggeva di esplorare. La storia del progetto Oceangate è una tragica storia di arroganza, di hybris.

Titan Oceangate | © David-Concannon
Largo del Labrador, 18 giugno 2023

Esattamente a 400 miglia nautiche a Sud-Est di St. John – e quindi in acque internazionali – alle 08:00 ora locale il sottomarino Titan inizia la sua discesa. A bordo ci sono quattro passeggeri paganti, 250.000 dollari a testa e Stockton Rush, pilota e CEO di Oceangate, società di esplorazione di alti fondali. Obiettivo del viaggio, il relitto del Titanic, a 3.800 metri di profondità. Alle 09:45, dopo quindi 1h e 45 minuti di immersione, la nave appoggio Polar Prince perde il contatto con il sottomarino Titan. L’allarme alla Guardia Costiera Canadese viene lanciato alle 17:45, otto ore dopo. Quali siano state le azioni intraprese da Oceangate in questo frangente lo sapremo con certezza forse solo dopo un’inchiesta. Resta il fatto che otto ore sono tante, considerando la distanza dalla costa che ne richiede più di dodici di navigazione.

Titan – © OceanGate

La riserva d’aria a bordo del Titan viene stimata in 96 ore. Si attivano Guardia Costiera Canadese e Americana con arei e mezzi navali per le ricerche ma solo in superficie, i mezzi che hanno non consentono missioni di ricerca e recupero a quelle profondità. L’abisso è il campo d’azione di compagnie petrolifere, minerarie ed enti di ricerca. Privati, insomma. Tutti sperano che il sottomarino sia venuto a galla sganciando la zavorra. Ma mentre le ricerche continuano si scopre che per le persone a bordo ritornare in superficie non è sufficiente: il portello d’accesso al sottomarino, per ‘motivi di sicurezza’ è sigillato con bulloni speciali e può essere aperto solo dall’esterno.

Sono passati due giorni e non c’è traccia dei naufraghi in superficie. US Navi e Royal Navy intervengono nella zona con navi appoggio. La Francia invia un sottomarino a controllo remoto in grado di sollevare pesi fino a 27 tonnellate. Alle 14:00 del 22 giugno ’23 un ufficiale della US Navy comunica che sul fondo, a circa 400 metri dalla prua del Titanic, sono stati avvistati dei frammenti.

Purtroppo, non ci sono dubbi: quei frammenti appartengono al Titan. Il sottomarino è imploso spezzando con sé cinque vite umane. Come è potuto succedere?

Le 5 vittime
Sirene dell’abisso

Un giorno di tanti anni fa, era il mio compleanno, mi regalarono un viaggio a bordo di un sottomarino per la ricerca scientifica nella Fossa di Cayman. La profondità che raggiungemmo era un decimo di quella del Titanic, ma mi fidavo della compagnia, l’Atlantis. Conoscevo bene il capo delle manutenzioni, un sudafricano tosto che viveva nella sua barca a vela, e tutta la flotta di sottomarini era ampiamente certificata.

Posso quindi capire l’entusiasmo di chi spende 250.000 dollari per vedere con i propri occhi il Titanic ma a 3800 metri la pressione è di circa 380 atmosfere. Immaginate l’impronta del vostro mignolo. Su quell’impronta pesa una Golf. Nello spazio una navicella sostiene, in questo caso dall’interno verso l’esterno, la pressione di 1 atmosfera, quindi trecentottanta volte inferiore. Con Oceangate era andato tutto bene, per ben quarantasei volte. Nonostante gli allarmi. Uno di questi allarmi era stato lanciato da David Lochridge, ex direttore delle operazioni nel 2018, cinque anni prima dell’incidente, dopo aver dato l’allarme all’interno della compagnia sulla gestione del sottomarino Titan. La compagnia risponde intimando a Lochridge di lasciare la scrivania entro dieci minuti. Dichiarerà alla stampa:

“I passeggeri paganti non sono informati del fatto che questo progetto è sperimentale, non sono a conoscenza della mancanza di test non distruttivi dello scafo né del fatto che vengano utilizzati materiali infiammabili pericolosi all’interno del sommergibile”.

La Marine Technology Society, con una lettera, invita Stockton Rush, CEO di Oceangate ad eseguire i test mancanti e a non ingannare i suoi clienti sulla natura sperimentale del progetto. Lui la ignora. Seguono cinque anni senza incidenti che rafforzano tutte le convinzioni di Stockton Rush nel proseguire su quella strada. Operando in acque internazionali, fuori da ogni controllo.

Progetti ambiziosi, parole magiche e fibra di carbonio

“Credo che sia stato il generale MacArthur a dire ‘Si viene ricordati per le regole che si infrangono’. Sapete che ho infranto alcune regole per realizzare il Titan. Penso di averle infrante con la logica e una buona ingegneria alle spalle”

Stockton Rush, pilota del Titan e CEO di Oceangate, deceduto nell’incidente.

Stockton Rush | © OceanGate

L’Elon Musk degli abissi, così lo chiamavano in giro, con il capo di Tesla e Space X aveva in comune la capacità di convincere investitori, clienti ed azionisti con la parola magica: innovazione.

A dire il vero, dal punto di vista tecnico, nello specifico ne sapeva di più di Musk: era un ingegnere aeronautico. Proveniente da una famiglia agiata di San Francisco a 18 anni, e già pilota, viene rifiutato dalla USAF per un piccolo difetto alla vista ma non molla, si fa assumere dalla McDonnell Douglas e diventa pilota collaudatore di F-15.

Il progetto Titan è infatti di derivazione aeronautica. La fibra di carbonio era stata inizialmente considerata da Steve Fosset, aviatore recordman e Richard Branson per progetti aeronautici e spaziali e poi nel 2014 per il Deep-Fly Challenger. Steve Fosset muore in un banalissimo incidente aeronautico: all’apice di una carriera strepitosa non tiene conto del rateo di salita del suo piccolo velivolo e si schianta su una collina desertica del Nevada. Il progetto Deep-Fly Challenger è ora nella mani di Richard Branson. Il suo nuovo socio è Stockton Rush, amico di Fosset. Branson è dell’idea di costruire sottomarini monoposto e monouso per la difficoltà nel rilevare segni di stress nei materiali compositi, quali sono le fibre di carbonio. Stockton Rush si tira fuori e inizia ad investigare la possibilità di rinforzare la fibra di carbonio con del titanio.

“Tutti dicono di non mettere mai insieme il titanio con la fibra di carbonio, io l’ho fatto.”

© OceanGate
Cosa può andare storto?

Lo stress nei metalli è facilmente individuabile, mentre per i materiali compositi è impossibile da verificare. Così sostengono più ingegneri navali. Stockton Rush, per ispezionare la fibra di carbonio, ricorreva ad una sorta di ecografia. Questo per scongiurare qualsiasi tipo di guasto che, ad esempio, per un elicottero potrebbe essere catastrofico ma sempre meno che per un sottomarino a 3800 metri di profondità. A bordo del Titan c’erano almeno 20 punti dove venivano raccolti i dati sullo stato dello scafo durante la discesa.

Un’ecografia su tutto lo scafo veniva condotta? Con quale scadenza? Immagino che lo sapremo presto, ma cosa è andato veramente storto a bordo del Titan forse non lo sapremo mai. Sappiamo che le navicelle che affrontano lo spazio sono più sicure. La cifra della differenza in questa sfida è nei numeri: 380 atmosfere contro una. E le navicelle che partono da basi spaziali, di norma di proprietà di enti statali, sono soggette a regolamenti ferrei.

Sappiamo che Oceangate, in nome dell’innovazione ha cercato costantemente di eludere i regolamenti e i test, che ha comprato materiale non idoneo dalla Boeing, che ha venduto al pubblico un’attività sperimentale a circa un milione di dollari a viaggio se a prezzo pieno, ma con tanto di offerte last minute. Non erano i soldi, Stockton Rush era già ricco ed era un sognatore. Era il semplice disprezzo delle regole, nel nome dell’innovazione, che una certa classe di imprenditori – per lo più vincente – continua a professare.  

Nomen Omen: Titan

Premetto di non aver mai visto il film Titanic per intero. Da subacqueo mi sono soffermato solo sulle scene, magistrali quanto claustrofobiche di Di Caprio che cerca di salvare Kate Winslet.

La storia del relitto la conosciamo tutti. Il super-transatlantico affondò nel 1912 al largo del Labrador dopo aver speronato un iceberg, portando con sé più di 1500 vite. Il suo mito, con la sua sala da ballo e la sua orchestra che continuò a suonare ha attraversato almeno cinque generazioni, molte delle quali non avevano internet. Sì, il nome del sottomarino: Titan. La gente di mare non battezzerebbe mai un’imbarcazione con quello di un relitto, per scaramanzia. Malgrado la mia visione scientifica del mondo, non lo farei mai neanche io. Sarebbe una prova di arroganza e il nome Titan suona come arroganza camuffata.

Si sarà fatto i suoi calcoli, il CEO di Oceangate. Quanti miliardari sono scaramantici? Penso siano una grandissima fetta. Comprare e vendere azioni e società non è un gioco di scacchi come cercano di farci credere. Ci sono di mezzo umori umani, guerre inaspettate, pandemie. Per molti miliardari, in un mondo che cercano di descriverci come cartesiano, la scaramanzia è il salvagente contro la natura irrazionale dell’universo. I romani lo sapevano bene. Perseguitarono i cristiani non per il loro credo religioso-ideologico ma per il loro rifiuto di portare offerte agli dèi. Sostanzialmente, li trovavano arroganti. E di arroganza, nel progetto Oceangate, ce n’è tanta. A livello tecnico e nella catena degli eventi. Quelo che dicono gli altri è fuffa, noi siamo avanti nel cammino che porterà il progresso. E mentre marine militari e guardie costiere impiegano uomini e mezzi nella ricerca di cinque persone, in Grecia 600 persone affondano ignorate. C’est la vie.

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