Il destino delle api é sempre più incerto

In questo periodo, già da due anni, si verifica in Lombardia la seconda ondata di un terrificante fenomeno di moria massiccia delle api. I numeri del 2020 sono arrivati a superare gli 8-9 milioni di individui, mentre tra la fine di marzo e la fine di aprile di quest’anno sono morte altre 10 milioni di api appartenenti a circa 600 alveari differenti. L’aspetto più inquietante è la circoscrizione spaziale del fenomeno che, purtroppo, si verifica anche in molte altre regioni italiane, così come nel resto del mondo, ma in misura minore. Come mai?

Monocolture e pesticidi tra le cause principali

Gli spopolamenti di alveari hanno interessato le province di Cremona, Lodi, Mantova e Brescia, tutte aree caratterizzate da agricoltura intensiva, ed in particolare da monocolture di mais per uso zootecnico (mangimi animali), frumento e pioppi. Ricordo a tutti i lettori che circa i 2/3 della produzione agricola servono per sfamare gli animali degli allevamenti intensivi, sin troppo numerosi e anch’essi concentrati principalmente nel nord del Paese. Ma le coincidenze non terminano qui poiché il fenomeno di moria delle api è coinciso perfettamente con la finestra di semina del mais, ovvero con il lancio di bombe di sementi trattate con pesticidi. In questi momenti dei veri e propri cocktail di principi attivi si liberano nell’aria formando delle nubi tossiche che, con l’azione del vento, si disperdono per distanze anche considerevoli, raggiungendo la vegetazione normalmente bottinata dalle api.

I pesticidi hanno aiutato l’uomo a risolvere numerosi problemi come il controllo di insetti vettori di malattie (malaria, febbre gialla) o dei parassiti che riducono il raccolto stagionale, ma l’uso scorretto di alcune sostanze ci ha spesso portati a causare gravi danni all’ambiente ed alla salute di umani ed altri animali. Non dimentichiamo che il termine pesticida contiene un suffisso ben chiaro, “capace di uccidere”, utile a chiarire la sua funzione di sterminio di insetti, acari e funghi; i principi attivi che caratterizzano questi prodotti interferiscono con le strutture o le funzioni biologiche degli organismi bersaglio che, però, sono spesso presenti anche in altre specie, uomo compreso. L’origine comune delle specie ci rende quindi vulnerabili agli effetti tossici di sostanze da noi stessi impiegate. Le controindicazioni a diverse esposizioni, qualitative e quantitative, di sostanze nocive sono molto diversificate, e questo vale tanto per gli umani quanto per altre specie coinvolte indirettamente come gli insetti impollinatori. Oltre alla perdita delle bottinatrici, ad aprile la Lombardia ha assistito alla nascita di nuove api sottodimensionate e con un’aspettativa di vita e di attività ridotte, il ché ha compromesso la produzione del miele e, cosa ben più grave, ha rappresentato un duro segnale di allarme per la biodiversità della zona.

“Siamo stanchi di assistere inermi a questa scomparsa silenziosa di api che si ripete inevitabilmente ogni anno in concomitanza con le semine del mais e i trattamenti estivi” commenta Larissa Meani, presidente di Apilombardia. Meani chiede inoltre “attenzione da parte delle istituzioni per le api e l’apicoltura, auspicando la delibera del Piano Regionale per prevenire morie e spopolamenti”.

Finalmente questa attenzione si sta ottenendo, soprattutto a seguito delle numerose azioni giudiziarie intraprese dagli apicoltori, spesso sostenuti dai legali e dai rappresentanti di Greenpeace. La denuncia scattata lo scorso 30 ottobre, da parte dell’Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani (U.N.A.API.), Apilombardia e Apicoltori Lombardi, ha dato il via a numerose indagini della Procura di Cremona che ha poi individuato il problema in due principi attivi usati per diverse formulazioni commerciali di insetticidi, comunemente impiegati sul mais e su altre colture.

Stop ad agricoltura e allevamento intensivo

Come risolvere il problema? Ovviamente lo sappiamo tutti: basta con le pratiche agricole industriali e intensive!

Secondo Federica Ferrario, responsabile Agricoltura di Greenpeace Italia, “Se non si agirà chiaramente sul prossimo Piano Strategico Nazionale della PAC, utilizzando saggiamente i fondi del PNRR e riformando il Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso “sostenibile” dei prodotti fitosanitari, scaduto a febbraio 2018, continueremo a subire un sistema di monocolture e pesticidi, con buona pace delle api, degli altri insetti impollinatori e della biodiversità”.

In questa lunga battaglia che servirà per ottenere una vera transizione ecologica, arrivano le prime piccole, piccolissime, vittorie: a maggio la Corte Suprema dell’Unione Europea ha respinto l’appello della Bayer che ha tentato di ribaltare la decisione del 2018 di vietare l’impiego di tre pesticidi dannosi per le api su specifiche colture. Le sostanze messe parzialmente al bando sono: imidacloprid, sviluppato da Bayer CropScience, clothianidin, sviluppato da Takeda Chemical Industries e BayerCropScience, nonché thiamethoxam di Syngenta. “La corte di giustizia ha riaffermato che la protezione della natura e della salute delle persone ha la precedenza sui ristretti interessi economici delle potenti multinazionali”, ha affermato lo stratega legale di Greenpeace Andrea Carta. Per proteggere le api, la Commissione UE ha proposto, con il New Green Deal, obiettivi per ridurre del 50% l’uso di pesticidi chimici e del 20% l’uso di fertilizzanti, entro il 2030.

Se qualcuno ha dei dubbi sulla prioritaria importanza del tutelare le api, dovrebbero bastare le stime della FAO a chiarire le idee: delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % dei cibi di tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api; all’altissimo valore ecologico che hanno questi piccoli impollinatori, si aggiunge anche quello economico che è stimato in centinaia di miliardi di euro annuali globali. 

Purtroppo i fattori di declino per le api non si riducono all’uso dei pesticidi, ma sono molteplici e spesso connessi tra loro: agricoltura intensiva, fame o scarso nutrimento a disposizione, virus ed altri agenti patogeni, specie invasive, cambiamenti ambientali come la frammentazione e la perdita di habitat. Quindi, nel nostro piccolo, come possiamo contribuire alla tutela di queste indispensabili creature? Per aiutare le api in ambienti agresti e naturali servono azioni cumulative, ovvero la lotta delle singole persone contro l’intensivo, il cambio d’uso del suolo e il cambiamento climatico. Non mi stancherò mai di ripetere che i governi cambiano rotta solo se ampiamente sollecitati da cittadini consapevoli.

Come salvaguardare la biodiversità urbana

Per quanto riguarda l’aiuto delle api in ambienti urbani, invece, l’intervento di ognuno di noi può essere immediato e quindi davvero significativo. Abbiamo già parlato di quanto sia importante salvaguardare ed incrementare la biodiversità urbana, ovvero di aumentare il numero di specie autoctone presenti. Gli insetti cittadini, ad esempio, sono una grande risorsa per l’impollinazione delle diverse specie di fiori e, di conseguenza, risultano indispensabili per il mantenimento delle aree verdi urbane e periurbane. Cosa fare quindi? Innanzitutto cessiamo con l’impiego di insetticidi generici di uso domestico; questi sono quasi sempre caratterizzati da un ampio spettro di azione, risultando altamente nocivi per molti insetti utili come le api solitarie. “Quando pensiamo alle api, immaginiamo la specie più comune, l’ape europea (Apis mellifera), ma in realtà circa il 90% delle specie di api (ce ne sono quasi 25.000 nel mondo) sono considerate api solitarie” spiega Gabriel Calvillo, il designer industriale che ha progettato una serie di tre strutture-rifugio per le api solitarie che vivono in aree edificate. Sono le api che non vivono in un alveare, né producono miele, ma che dedicano la maggior parte del loro tempo alla raccolta del polline, a risultare fondamentali per l’ecosistema.

© Gabriel Calvillo | gabo.maliarts.net/refugio

Il progetto Refugio nasce per offrire loro riparo, cibo e acqua nel tentativo di instaurare una più stretta relazione tra città e natura, ma prodotti similari sono ormai facili da reperire o realizzare in totale autonomia. Un poco più avanzato è invece il progetto della designer olandese Matilde Boelhouwer che crea Food for Buzz, ovvero dei fiori artificiali in grado di rappresentare delle fonti alimentari di emergenza. Le diverse forme floreali rispettano la naturale coevoluzione tra specie, ognuna con le particolari caratteristiche ricercate dai “big 5 dell’impollinazione”: api, bombi, sirfidi, farfalle e falene differiscono per fisiologia, morfologia dell’apparato boccale e reazioni agli impulsi visivi. Il sistema interno, realizzato con una stampante 3D, è costituito da contenitori usati per raccogliere l’acqua piovana, che, scivolando lungo lo stelo fino ad un serbatoio di carboidrati, forma soluzioni attraenti per le diverse specie di impollinatori.

© Matilde Boelhouwer | www.matildeboelhouwer.com

Chi ha il pollice verde e, soprattutto, uno spazio esterno a disposizione, può aiutare ulteriormente gli insetti urbani scegliendo le proprie piante dalla lista dei fiori “amici delle Api”. Esistono in commercio semi biologici di varietà differenti, adatte agli orti, ai giardini ed anche ai balconi. Cosa aspettate?

Per approfondire:

 
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