Aldabra: la fatica di un atollo per tornare se stesso

Era il 1509, allora l’Oceano Indiano parlava Arabo e Portoghese, quando l’atollo di Aldabra apparve per la prima volta su una carta nautica occidentale. Ventidue anni prima Bartolomeo Diaz aveva aperto la rotta per le Indie doppiando il Capo di Buona Speranza. Nel frattempo gli spagnoli, grazie a Colombo, avevano scoperto le Americhe. Per dieci anni credettero di aver raggiunto le Indie, finché un certo Vespucci realizzò che quelle terre non erano qualche misteriosa propaggine del favoloso Cipango ma un vasto continente. I portoghesi continuavano a raggiungere le Indie circumnavigando l’Africa.

Aldabra | © 1843 Magazine

Fuori dalle principali rotte, a circa settecento miglia nautiche a sud ovest dell’odierna Mahé, c’era un vasto atollo, il secondo più grande sul pianeta dopo Kiribati (di Kiribati abbiamo parlato qui: https://www.imperialbulldog.com/2016/09/13/kiribati-cronache-illustrate-di-una-terra-sperduta/). I navigatori arabi lo conoscevano già da tempo e gli avevano dato il nome: Al-Hadra, il verde, per via della vegetazione che ricopriva le terre emerse. Ma ci vollero altri due anni prima che un occidentale posasse il suo piede sulle sue sabbie. Avvenne nel 1511, quando un gruppo di marinai portoghesi decise di visitarlo. I successivi sbarchi, occidentali o meno, ebbero principalmente uno scopo: la ricerca di testuggini giganti, per farne zuppe e venderne i preziosi carapaci. Con l’espansione coloniale francese Aldabra fu accorpata ai possedimenti d’oltremare del Regno di Francia e ricevette la visita di Picault, esploratore e cartografo del XVIII secolo. La mancanza di riserve d’acqua dolce non rendeva quel territorio interessante per un insediamento. Poi Napoleone perse la guerra e nel 1814, col trattato di Parigi, insieme a Mauritius e alle Seychell, Aldabra passò alla Gran Bretagna. La sua risorsa principale restava la testuggine gigante. I nuovi proprietari di Aldbra non esitarono a sfruttarla.

Un lento declino

Con il tempo la situazione divenne così preoccupante che nel 1874 Charles Darwin, insieme ad altri sei eminenti scienziati, scrisse al Governatore di Mauritius per mettere fine al massacro delle testuggini: Aldabrachelys gigantea. La lettera apriva così:

“A sua Eccellenza Onorevole Sir Arthur Hamilton Gordon, Governatore e Comandante in Capo di Mauritius e delle sue Dipendenze:

I sottoscritti implorano l’attenzione del Governo Coloniale di Mauritius sull’imminente sterminio della Testuggine Gigante delle Mascarene, comunemente chiamate ‘Indian Tortois’…”

Aldabrachelys gigantea | Atollo di Aldabra

L’appello di Darwin restò inascoltato. Quattro anni dopo la Marina di Sua Maestà Britannica inviò per un’indagine l’allora capitano (poi ammiraglio) Sir Willam James Lloyd Wharton, Idrografo e membro della Royal Society. Scopo della missione, scoprire sorgenti d’acqua dolce. Non ve n’erano, ma i coloni ci provarono lo stesso costruendo due serbatoi d’acqua piovana. Disboscarono per far posto a piantagioni (infruttifere) e introdussero gatti e capre. I topi c’erano già da qualche anno, arrivati dalle navi. La risorsa principale? Sempre le testuggini giganti.

Allora Aldabra era ancora ricca di uccelli marini. Lo conferma il resoconto di William Abbot, naturalista e ornitologo statunitense, recatosi laggiù nel 1892. Ma quell’abbondanza durò poco. Già nel 1929 molte delle specie di uccelli censite erano estinte o scomparse. Aldabra era l’esempio perfetto dell’impatto antropico su un paradiso remoto e incontaminato. Un luogo difficile da raggiungere e, appunto per questo, fuori controllo.

Ma tra gli scienziati, grazie all’accorato appello di Darwin mai dimenticato da quel mondo, cresce una consapevolezza. Innumerevoli naturalisti e oceanografi, ai quali più tardi si aggiungerà anche Jacques Cousteau, arrivano alla stessa conclusione: Aldabra è una sorta di Galapagos nell’Oceano Indiano, con una biodiversità che va salvaguardata a tutti i costi. Siamo nel secondo dopoguerra e l’atollo deve fare i conti con un nuovo incubo: la guerra fredda. La presenza sovietica si sta espandendo nella regione e gli americani non hanno nessuna intenzione di rendergli la vita facile.

Aldabra rischia di diventare Diego Garcia

Ne avrete sentito parlare. È il luogo, un puntolino nell’oceano, da dove partivano i B-52 per le loro missioni nel Golfo Persico, Afghanistan e Iraq. È un altro atollo nell’arcipelago di Chagos (anche quello scoperto da un navigatore portoghese, un certo Pedro Mascarenhas, nel 1512) ora parte dei Territori Britannici dell’Oceano Indiano, in concessione agli Stati Uniti per stabilirvi la più importante base aerea della regione. Ma torniamo ad Aldabra: è il 1964 e i due blocchi sono al culmine della tensione. Gli americani si sono appena accorti che molti punti chiave sul pianeta, dagli stretti alle più remote isole in mezzo agli oceani (nessun oceano escluso) sono ancora saldamente in mano all’alleato britannico. Perché non asfaltare una buona porzione di Aldabra e farci una bella pista di decollo per i bombardieri nucleari? Membri della Royal Society e altre personalità iniziano a fare pressioni per impedirlo. Tra loro si batte più duro David Stoddart, geografo ed ecologo inglese esperto in barriere coralline, ora celebrato come un eroe dalla Repubblica di Seychelles. Alla fine la spunta. Nel 1971 Chagos diventa una base strategica americana, Aldabra diventa la base di una stazione scientifica della Royal Society. Nel 1976 Il governo delle Seychelles, divenuto indipendente, vieta l’accesso all’atollo e lo elegge riserva naturale a statuto speciale. Gli sforzi vengono premiati.

Aldabra | © Seychelles Tourism Board

Nel 1982 l’Unesco lo iscrive tra i patrimoni naturali dell’umanità, la popolazione delle testuggini giganti torna a 152.000 esemplari e nel 2001 Bird Life International colloca Aldabra tra le aree più importanti per le specie endemiche di uccelli (IBA). Nel 2010 diventa un Ramsar Wetland Site d’importanza internazionale per le sue zone umide. Dagli individui superstiti di Aldabra inizia il ripopolamento faunistico a Mauritius e in Madagascar.

Da paradiso irraggiungibile a meta esclusiva

Non sembra, ma anche un atollo sperduto e praticamente disabitato può dare dei grattacapi finanziari. La stazione scientifica della Royal Society è passata in mano alla Seychelles Islands Foundation per proteggere le sue coste; eradicare le specie domestiche e non autoctone ha costi elevati. Soprattutto se non si ha intenzione di uccidere gli animali ma di spostarli sulle isole dove non faranno danni. E così nel 1991 la Repubblica delle Seychelles decide di aprire al turismo. Un turismo, si legge nella nota, ‘benestante’. In grado cioè di contingentarsi da solo grazie ai costi elevati del viaggio. Settecento miglia nautiche dalla capitale non sono uno scherzo. Una crociera di due settimane costa sui 13.000 dollari. Ad apprezzare questa destinazione isolata non potevano mancare i subacquei.

Squali nell’atollo di Aldabra | © L.T.M. Luxury Travel Management

I margini esterni dell’atollo ed i suoi canali sono fitti di coralli, e tra gli incontri non mancano squali grigi, squali dalle punte argentee, e pinna nera di scogliera che si spostano dentro e fuori la laguna al ritmo delle maree. La zona è uno dei principali luoghi di nidificazione per la tartaruga embricata e per la tartaruga verde. Le immersioni, condotte per lo più presso le pass (i canali che mettono la laguna in comunicazione con il mare aperto) garantiscono forti emozioni quando la marea genera correnti e fa pulsare i fondali di vita frenetica. L’ecosistema sta tornando al suo punto di ripristino. Non all’equilibrio, condizione innaturale per gli ecosistemi, ma al punto dove il sistema stesso ha smesso di funzionare bene. Sembra quasi fatta, ma il mondo dei consumi e del petrolio impone altre sfide.

370.000 infrandito

Non smetterò di ripeterlo: “Se trovi una spiaggia pulita, l’hanno pulita”. La plastica fa ormai parte del mare e Isole deserte e incontaminate e atolli sperduti ne fanno le spese più delle spiagge affollate. E il mare continua a depositare sulle rive qualsiasi oggetto galleggiate. Una volta erano solo tronchi, alghe morte, noci di cocco e pietra pomice. Poi arrivò il petrolio. Infine la plastica. I ricercatori hanno stimato un numero shock per le ciabattine, ma se si parla di peso le reti ed altri strumenti per la pesca fanno l’83% dei rifiuti totali. L’Università di Oxford, che se ne sta occupando, stima che per ripulire le spiagge occorrano circa 7,3 milioni di dollari. Il problema, fanno notare i ricercatori è portare lì la manodopera e riportarla indietro con i rifiuti. L’ultima missione ha raccolto 50 tonnellate di plastica, ma ne restano ancora 450.

Il ritorno dell’estinto

Aldabra non è un posto ordinario sotto nessun aspetto; è la dimora di dugonghi, di testuggini giganti, e di una delle due uniche colonie di fenicotteri oceanici. Ma anche di una specie precedentemente estinta. Non creduta estinta, estinta davvero. L’atollo, formatosi circa 400.000 anni fa, ha una classica storia di lavoro incessante dei coralli e di sedimenti cresciuti in sintonia con l’oscillazione del livello degli oceani. Ma 136.000 anni fa, durante il periodo interglaciale, le acque del globo salirono bruscamente e l’atollo venne sommerso.

Dryolimnas cuvieri | © Rob Williams

Molte specie di superficie si estinsero; tra queste il rallo di Cuvier, Dryolimnas cuvieri, un uccello che, secondo i fossili esaminati, non era in grado di volare. Aveva smesso di farlo ad Aldabra poiché laggiù non aveva incontrato nessun predatore terrestre. Come poteva essere ancora lì? Alcuni membri della sua specie evolutisi in Madagascar non avevano perso l’abitudine al volo, ed erano tornati ad Aldabra dove, ancora una volta, l’evoluzione gli impose di abbandonare il volo e di assumere caratteristiche identiche alla specie già estinta. Ora quella di Aldabra è l’unica popolazione esistente.

Testimonianza di una lotta incessante

Il rallo, la testuggine gigante e l’isola stessa hanno lottato. Hanno combattuto per l’unica cosa di cui è capace la vita: continuare a esistere. Malgrado noi. Aldabra è l’esempio di una fatica immensa, la fatica che la natura spende per riprendersi i suoi spazi. Ma anche di una lezione importante: il successo di Aldabra non sarebbe stato possibile senza l’intervento e la passione di tanti umani di buona volontà.

Aldabra | © Seychelles Tourism Board
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