La rivincita delle mangrovie

Il declino delle mangrovie sta rallentando a livello globale. Il Global Mangrove Alliance ci descrive uno scenario che fa sperare sulla forza della natura quando viene protetta. L’obiettivo resta l’inversione del trend. I vantaggi sulla decarbonizzazione e sulla protezione delle coste potrebbero sorprenderci.

Mangrovie | Celestún | Yucatán | Messico
Il rimbalzo

La FAO già negli anni ’80 pubblicò una stima sulla superficie coperta dalle mangrovie ma i primi dati affidabili arrivano nel 1996, quando l’imaging satellitare non è più retaggio della difesa e diventa accessibile a privati e organizzazioni non governative. Da allora, in circa quindici anni, le foreste di mangrovie subiscono un calo globale di almeno il 22%. Tuttavia, nell’ultimo decennio l’erosione delle mangrovie rallenta globalmente con una media dello 0,04% ogni anno. Alcune aree mostrano un sensibile impulso di ripresa, ma stabilirlo con certezza non è impresa facile per i ricercatori, alcuni sospettano che le immagini sempre più accurate abbiano rivelato estensioni di mangrovie già esistenti. Global Mangrove Alliance (GMA) ne ha tenuto conto ed ha risolto il problema con dei modelli matematici affidabili.

Il verdetto conferma un effettivo rallentamento dell’erosione. La creazione di aree protette e riforestazione hanno giocato il loro ruolo e l’agente più efficace sembra essere la natura stessa. L’obiettivo di GMA è ripristinare entro il 2030 il 50% della superficie che è andata perduta dal 1996 in poi. Per una serie di ottimissime ragioni.

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Ibis bianco tra le mangrovie | Florida

L’attenzione della FAO per le mangrovie

Secondo le stime FAO del 1980 le mangrovie all’epoca ricoprivano la bellezza di 187.940 Kmq di superficie, per poi ridursi a 169.250 nel 1990, e a 152.604 nel 1996. Perché la FAO si interessava alle mangrovie? Pur non conoscendo i dati che abbiamo oggi avevano ben intuito che quelle foreste tra lagune e mare aperto erano una importante fonte di sussistenza per le popolazioni costiere. Per la maggior parte insediate in paesi in via di sviluppo. Le mangrovie sono una specie tropicale e le più settentrionali del mondo vivono a Nuweiba, in Egitto, a 29° di latitudine nord. Cioè al di sotto della zona temperata che possiamo facilmente associare alla zona del benessere.

I numeri che abbiamo oggi parlano chiaro: le foreste di mangrovie, oltre ad una importante biodiversità, accolgono tra pesci, crostacei e molluschi cibo e risorse economiche per circa 25 miliardi di dollari. Si stima che il loro habitat possa ospitare 600 miliardi di piccoli gamberi e 100 miliardi di individui tra granchi e molluschi, sostenendo più di 4 milioni di pescatori. Ma il punto di svolta nella loro protezione arriva a seguito di una tragedia. Nel dicembre del 2005, un anno dopo il disastro, viene pubblicato un esteso rapporto sugli effetti dello tsunami più grave dalla storia.

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Isola di Sumatra | Indonesia | © Hellio Van Ingen | livelihoods.eu

Uno freno naturale agli eventi estremi

Il 26 dicembre 2004 uno tsunami generato al largo di Sumatra devastò le coste di un intero settore dell’Oceano Indiano causando enormi distruzioni e la perdita di 230.000 vite umane. I ricercatori scoprirono subito che gli insediamenti protetti dalle foreste di mangrovie avevano subito i danni minori. Le mangrovie possono assorbire dal 70 al 90% dell’energia di un’onda normale.

Benché i dati sulle onde di tsunami siano ancora scarsi, i ricercatori, la IUCN e il WWF si sono concentrati su alcuni dati dallo Sri Lanka, paese dove il 50% delle foreste di mangrovie era andato perduto. A Kapuhenwala, un insediamento circondato da 200 ettari di fitte mangrovie, lo tsunami aveva ucciso solo due persone, il numero più basso di vittime tra i villaggi esposti all’onda mortale. A Wanduruppa, dove le mangrovie avevano subito un forte declino, le vittime erano state almeno 5.000. Quelle perdite, affermò Achim Steiner direttore generale della IUCN, avrebbero potuto essere evitate se a proteggere la costa ci fosse stata una sana barriera di mangrovie.

Volontari piantano mangrovie | Hagonoy | Filippine | © One Child, One Tree

Fu proprio quell’emergenza ad aprire la strada ad una nuova consapevolezza sulle mangrovie e sulla comprensione della loro utilità. La IUCN stabilì che un ettaro di mangrovie intatte può rendere fino a 14.000 dollari per famiglia, mentre la loro protezione costa mediamente 2.000 dollari. Con il programma Mangroves for Future, la IUCN stanziò 45 milioni di dollari per ricostruire barriere naturali di mangrovie in dodici paesi dell’Asia e dell’Africa. Secondo GMA l’attuale estensione delle foreste di mangrovie ci consente di risparmiare qualcosa come 65 miliardi di dollari in danni alle proprietà e mette in sicurezza almeno 15 milioni di persone.

Mangrovie | Estuario di St Lucia | Sud Africa
Come un’onda di marea

Quella delle mangrovie è una foresta che avanza e si ritrae. Mentre in alcune aree viene distrutta, soffocata da fertilizzanti, inquinanti o disboscata per far spazio a colture di palma, acquacolture o a strutture costiere, l’espansione dei delta dei grandi fiumi crea continuamente nuove isole e nuovi habitat adatti. È il caso del Sundarbans, delta dell’Indo, e del delta del Rio delle Amazzoni. In queste due regioni le mangrovie hanno guadagnato nuovo terreno (dopo averne perso nel Sundarbans) grazie all’espansione dei delta, come se piogge estreme ed erosione del suolo a monte avessero voluto compensare la perdita favorendo le coste. La riforestazione di queste specie non è cosa semplice. Gli insuccessi sono molteplici. Protocolli complessi e personale poco specializzato possono risultare in un fallimento, così come i finanziamenti lenti e i progetti sottofinanziati.

Mangrovie

Inoltre alcune aree, per esempio dove è stata piantata la palma, o dove c’erano impianti di acquacoltura, non sono più ripristinabili. Le mangrovie hanno bisogno di alcune premesse che vengono dal suolo e dalla disponibilità di acqua dolce alle spalle, per poter prosperare.

Stati Uniti e Brasile hanno messo sotto protezione rispettivamente il 67 e il 72% delle loro foreste di mangrovie. Questo garantisce che il loro habitat non potrà essere alterato e che le attività a monte sono soggette a regolamentazione. In questo l’agente più efficace sembra essere la natura stessa. In Messico e in Costa Rica, per ripristinare foreste distrutte, sono stati scavati dei canali che consentono un maggiore afflusso e una maggiore capillarità ai flussi d’acqua su suoli adatti ad ospitare di nuovo questo tipo di vegetazione.

Mangrovie | Senegal | © Curioso Photography
Risorsa climatica strategica

Le mangrovie, a parità di superficie, assorbono e trattengono più carbonio delle foreste pluviali (ne abbiamo già parlato nell’articolo ‘Carbonio blu: una risorsa del mare contro la crisi climatica‘) e il rapporto di GMA con dati aggiornati ci ricorda che le foreste di mangrovie non contengono solo una biodiversità da difendere a tutti i costi, non sono soltanto una barriera fisica contro uragani, tsunami ed altri fenomeni estremi. Nei loro fusti, nelle loro radici e nei sedimenti c’è la metà del carbonio che noi emettiamo annualmente.

Le mangrovie sono in grado di catturare e sequestrare il carbonio in modo enormemente più efficace e gratuito di tanta costosissima tecnologia. Non saranno certo le mangrovie da sole a risolvere la crisi climatica, ma vale qui la pena citare (di nuovo) una osservazione di George Monbiot dal suo libro Selvaggi (Rewilding). Il mare è l’elemento che può darci le migliori soddisfazioni e in tempi brevi sul ripristino dell’ambiente. E del clima.

Mangrovie | Tha Pom Khlong Song Nam | Krabi | Thailandia
  • https://www.imperialecowatch.com/2021/05/13/carbonio-blu-una-risorsa-del-mare-contro-la-crisi-climatica/
  • https://www.mangrovealliance.org/wp-content/uploads/2022/09/The-State-of-the-Worlds-Mangroves-Report_2022.pdf
  • https://www.thebluecarboninitiative.org/
  • https://www.science.org/doi/10.1126/science.1118387
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