Si citano spesso revanchismo russo o, a seconda delle prospettive, di proxy-war, ma tra i motivi che hanno permesso a questa guerra di scoppiare e di continuare c’è la dipendenza dal gas come fonte d’energia.

Un soggetto pericoloso
Il metano è un potente gas serra. Allo stato naturale è quasi venti volte più dannoso della CO₂ ma una volta bruciato, a parità di energia prodotta, emette meno CO₂ rispetto agli altri combustibili fossili e una massa molto minore di inquinanti. Nel continente eurasiatico, quel territorio contiguo sulla stessa latitudine che favorì l’agricoltura e la nascita della civiltà occidentale, il più grande produttore è la Russia. Nel 1997, da un accordo tra compagnie petrolifere russe e tedesche nasce un progetto: il gasdotto Nord Stream, un programma di cooperazione economica. Tutti accolgono il progetto come altro passo verso la cooperazione, la distensione e la pace. Non andrà così, sarebbe bastato guardare alle premesse. Ce ne accorgeremo a dicembre 2021, quando i satelliti scopriranno che quasi 200.000 uomini e mezzi pesanti sono stati ammassati al confine con l’Ucraina. Gli americani sono convinti che non si tratti affatto, come rassicura la Russia, di un’esercitazione. Tuttavia, in Europa, e forse anche in Ucraina, quasi tutti pensano che sia un bluff. Cosa vuole Putin? Ci domandiamo. Una guerra d’invasione in Europa non è nelle declinazioni mentali di uomo di questo secolo.
Quattro del mattino
Fuggito al mare, in mezzo alla settimana. Il 23 e il 24 febbraio sono i primi due giorni veramente liberi. Anche la pandemia sembra alle spalle, l’incubo si sta dissipando. Me ne sto al sole, vino bianco, fresco. Ci vuole veramente poco ad essere felici. Poi, prima, dell’alba, il telefono impazzisce. Non guardo i messaggi, ho capito. Resto immobile nel letto a far finta di dormire. Apro le finestre su un giorno grigio, amaro. Su Rai1 Monica Maggioni conduce una diretta di guerra da fare invidia alla CNN. Ripete ai reporter sul campo di restare al sicuro. Alle sue spalle il fungo d’un’esplosione domina lo skyline di Kiev. Mi impongo di uscire, mi siedo ad un bar in riva al mare. Gli stranieri, anglofoni, parlano della guerra. Gli italiani parlano d’altro, come se non li riguardasse, come se avessero troppa paura. Sbircio le notizie sul telefono, in silenzio. Durante la pandemia dicevamo: sì, è un disastro, ma i palazzi sono ancora in piedi, c’è cibo nei supermercati, non ci sono profughi. La distopia nella quale eravamo piombati ora entrava in una nuova stanza, ancora più cupa, feroce. Come è potuto succedere?

Le cupe premesse del Nord Stream
Torniamo al 1997. La Russia vuole escludere dal percorso del gasdotto gli stati baltici e quelli dell’Europa centrale, storici oppositori, divenuti indipendenti da poco, ai quali non vuole concedere royalties per il passaggio sul loro territorio, tantomeno il potere di fermare il flusso. Le tubature saranno posate in fondo al mar Baltico, ma in acque territoriali di Svezia e Finlandia, due paesi che sono ancora neutrali. Non lo saranno più. Nel 2005 Russia e Ucraina iniziano a litigare sui pagamenti delle forniture del gas. Proprio quell’anno è stata eletta primo ministro dell’Ucraina Julia Timoshenko, industriale del gas. Il governo viene sciolto e lei licenziata, ma nel 2007 viene rieletta. Contemporaneamente nasce l’idea del South Stream, un gasdotto che dalla Russia attraversa il Mar Nero fino in Serbia per raggiungere la Puglia, il Friuli e l’Austria. Ci sono dentro l’Eni e altre compagnie europee. Il progetto, agli occhi di alcuni osservatori, appare come un tentativo di escludere l’Ucraina dalle rotte del gas. Nel 2011 la Timoshenko viene imprigionata per malversazione. Molti media europei sospettato una persecuzione. È lei la prima politica ucraina a sostenere l’adesione del suo paese all’Unione Europea. Sempre nel 2011, a settembre, in Germania comincia ad arrivare il gas dal primo segmento del Nord Stream.
Il Nord Stream non basta
Torniamo qualche anno indietro, in Medioriente. È il 2009 e il Qatar rilancia una vecchia proposta che non riesce a mettere a punto: un gasdotto che, partendo dalle ricche riserve di gas naturale, attraversa Arabia Saudita, Giordania e Siria, fino in Turchia e quindi in Europa, ma siamo in Medioriente e l’intera regione è un nido di vespe. Lo scoglio principale è Assad, che si oppone rifiutando un’offerta di tre volte il PIL siriano: non vuole infastidire gli amici, afferma. Gli amici che non vuole infastidire sono la Russia e l’Iran. Mentre l’Iran esporta poco, per via delle sanzioni, la Russia esporta il 70% della sua produzione di gas verso l’Europa, coprendo il 40% del fabbisogno europeo.

Un’altra proposta per un altro gasdotto arriva dall’Iraq, il famoso gasdotto di Kirkuk, in territorio curdo, anche questo deve passare per la Siria. Il progetto verrà abbandonato. Sempre nel 2011 scoppia la primavera araba. In Siria una siccità estrema ha bruciato campi e raccolti e la fame e la povertà generano con regolarità matematica instabilità sociale. Tre anni dopo, proprio in quella zona, per poi propagarsi lungo le rotte più calde del gas e del petrolio, si materializza l’Isis. Sul campo si affrontano eserciti regolari, ribelli e minoranze etniche in un ginepraio di alleanze e di intrecci tra i più surreali della storia umana. Gli Usa di Obama sostengono i curdi e alcune fazioni ribelli contro Assad, ma i curdi sono a loro volta alleati di Assad nel nord della Siria, e quindi indirettamente della Russia contro Daesh, l’Isis. Un eventuale stato del Kurdistan potrebbe essere il più ricco dell’area, favorevole all’Europa, ma non alla Turchia. Erdogan più tardi chiederà a Trump di farsi da parte.

Nord Stream II, South Stream e Nabucco
Aleppo viene spianata. 9.000.000 di persone fuggono dalla Siria. È la più grande crisi umanitaria dopo WWII. Finora. I profughi scappano soprattutto verso l’Europa. Li ferma la Turchia, che si offre di ‘ospitarli’ in cambio di miliardi versati dall’UE. Intanto in Europa, malgrado l’irritazione degli americani, spunta un progetto di ampliamento, è il North Stream II. Non è il solo progetto, c’è anche il Nabucco, gasdotto che partendo da Azerbaijan ed Iran sboccherà in Turchia, contrapposto al South Stream, un gasdotto che dalla Russia attraversa il Mar Nero, senza sfiorare l’Ucraina. Nel 2012 inizia la costruzione del South stream II, ma viene abbandonato per l’opposizione della UE che trova il progetto irregolare. L’Ucraina legge questo progetto come l’ennesimo tentativo di indebolirla bypassando il suo territorio. Gli Stati Uniti si mostrano da anni seriamente preoccupati per la dipendenza dell’Europa dalla Russia e minacciano sanzioni contro il North Stream II, ma in Europa gli USA sono percepiti come una campana che in fatto di fossili e geopolitica manda un suono fesso.

2019 Fridays for Future
Intorno ad una ragazzina svedese nasce un movimento spontaneo, una sorta di ribellione generazionale contro l’inerzia politica sul clima che diventa un fenomeno giovanile di massa. Nello stesso anno nasce nel regno Unito Extinction Rebellion, un fenomeno analogo, che attinge al movimento Occupy. La pandemia prende il sopravvento ma indica buone vie d’uscita. in Europa le vecchie regole di stabilità vengono messe in discussione e si decide estendere il debito, finanziando la ripresa con il New Green Deal. Centinaia di miliardi di euro vengono destinati alle rinnovabili per dare impulso all’economia. Lo scopo è sostituire i fossili. Non ci riusciranno. Il New Green Deal non s’ha da fare. E improvvisamente l’Europa si trova davanti ad uno dei più grandi problemi morali, economici e umanitari che abbiano mai attraversato la sua storia. Ci arriva strangolata, completamente impreparata ad affrontarlo.

La guerra come specchio
Questa guerra, più di ogni altra, ci aiuta a capire che tipo di futuro ci siamo costruiti e su quali pericolose basi si fondavano le nostre scelte energetiche. Dopo aver ignorato tutti gli allarmi, sul clima, sulle azioni efferate del fornitore, dopo due guerre in Iraq, la prima scatenata da un contenzioso tra Iraq e Kuwait proprio su dei giacimenti, e la seconda trasformatasi in una guerra di bande sul controllo dei giacimenti, dopo la Siria, e la Libia… e tante altre guerre ‘minori’, crudeli quanto inosservate, ma tutte con una trama comune, i fossili, ci troviamo davanti all’ultimo disastro in diretta, come dei tossicodipendenti incapaci di liberarsi della droga e del suo spacciatore, che sfrutta ogni nostra debolezza e contraddizione. E mentre osserviamo attoniti i palazzi bruciare e crollare, milioni di persone fuggire, mentre il pianeta diventare sempre più bollente e avaro d’acqua e di risorse, continuiamo a farci distrarre da futili dibattiti divisori sui motivi della guerra, mentre l’unica risposta che si doveva dare non si è data, l’unica risposta che si può ancora dare è di smetterla. Smetterla per sempre con la vera maledizione dell’antropocene: i combustibili fossili.
Ndr: questo articolo è stato aggiornato e corretto il 27.10.22
- https://www.imperialecowatch.com/2022/03/21/castelli-dindifferenza/
- https://www.aljazeera.com/news/2021/12/16/mapping-world-oil-gas-pipelines-interactive
- https://www.theguardian.com/environment/earth-insight/2013/aug/30/syria-chemical-attack-war-intervention-oil-gas-energy-pipelines
- https://www.hydrocarbons-technology.com/projects/arab-gas-pipeline-agp/
- https://www.aljazeera.com/opinions/2012/8/6/syrias-pipelineistan-war
- https://www.politico.eu/article/why-the-arabs-dont-want-us-in-syria-mideast-conflict-oil-intervention/
- https://st.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-10-19/siria-dietro-conflitto-l-eterna-guerra-le-pipeline-161032.shtml?uuid=ADBvyXfB
- https://qz.com/304742/the-worlds-first-pipeline-war-has-officially-come-to-an-end/
- https://www.euractiv.com/section/energy/news/eu-us-promote-alternative-projects-following-south-stream-failure/