Le avventure a volte spuntano dove meno te le aspetti. Ogni anno un club subacqueo di Bergamo organizza la discesa di un tratto dell’Adda, con muta e pinne. È un’occasione unica per osservare la natura da una prospettiva completamente diversa.

Dallo Stelvio al Manzoni
Gli appassionati di attività outdoor quando sentono parlare dell’Adda pensano subito al suo tratto superiore tra la Val Alpisella e l’alta Valtellina, a quel torrente con l’argento vivo addosso che sa di trote, di pizzoccheri e di ghiacci appena sciolti. Per tutti gli altri è un fiume di manzoniana memoria:
«Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.»
Discenderlo in muta subacquea a pinne, nel tratto in cui segna il confine tra le province di Milano e Bergamo potrebbe suonare bizzarro ma se nella Lombardia industrializzata è stato conservato egregiamente qualcosa sono le zone adiacenti ai corpi d’acqua. Dal Parco Ticino, con il suo splendido Canale Villoresi, ai Navigli di Milano fino ai parchi Adda Sud e Adda Nord la Lombardia sembra aver mantenuto un rispetto quasi scaramantico per le sue vie fluviali e gli ecosistemi che ne abitano le vicinanze, creando oasi naturali difficili da immaginare per chi non le ha mai frequentate. Sono luoghi, inoltre, dove Leonardo ha lasciato un primo importante segno. Ponti, chiuse ed altre opere di irreggimentazione dei corsi d’acqua fecero seguito quel primo masterplan illuminato. Oggi quelle aree sono certamente un patrimonio naturale più che fruibile grazie ai sentieri ben tenuti e agli argini curati ma anche itinerario affascinante di archeologia industriale. I segni di uno sviluppo antico e ancora a dimensione umana si sposano con la natura come statue in un giardino.
Centrale Esterle, Porto d’Adda
È il punto dove si entra in acqua per la pinnata. Costruita tra il 1908 e il 1914 dalla Edison è ancora in funzione. Ci arriviamo con minibus e altri mezzi forniti dall’organizzazione lungo un sentiero che costeggia il fiume partendo dalla base dei Canottieri di Trezzo sull’Adda. L’antica centrale è spettacolare. L’acqua filtra dalle paratie lungo gli scivoli in muratura. Accediamo al fiume da un gradone sull’argine in cemento che consente di indossare le pinne da seduti. Il dispositivo di sicurezza è imponente. Un’ambulanza è pronta a seguire passo passo i pinneggiatori dal sentiero. In acqua c’è un gommone della Protezione Civile, un gommone la cui prua può abbassarsi come il portellone di un ferry per agevolare il recupero in acqua. Gli istruttori del Bergamo Diving Center indossano elmetti speleo e salvagenti da soccorritori con le varie dotazioni. Si parte ed i professionisti del nuoto pinnato partono da professionisti. Ma non è una gara.

“Il percorso può essere affrontato in maniera ludica, con lo scopo di trascorrere una giornata in allegria e soprattutto in un ambiente incontaminato e di straordinaria bellezza, o in maniera agonistica.” – Si legge sul sito del Bergamo Diving Center.
Faccio parte del gruppo dei lentissimi. Dietro di noi solo l’istruttore che chiude la fila. “Siamo qui per goderci lo spettacolo” continua a ripetere sorridendo. Lo spettacolo è tutto intorno. Per molti uccelli, acquatici e non, fine giugno è la stagione dei piccoli.

Le sponde sono un viavai di cigni con loro brutti anatroccoli grigiastri al seguito, di anatre con gli anatroccoli veri, di svassi che proteggono i loro nidi tra i canneti. Gli svassi, Podiceps cristatus, sono di gran lunga i più interessanti tra gli uccelli acquatici per i loro colori e per le loro abitudini. Il loro corteggiamento prevede una danza molto scenica. Il maschio e la femmina si mettono l’uno davanti all’altra e iniziano a muovere sinuosamente becco e collo in modo quasi speculare. I piccoli hanno un piumaggio striato di bianco e di nero. Gli svassi adulti hanno l’abitudine di portarli sul dorso. Poi cormorani e folaghe. Libellule. Rami spioventi ed isole poco più grandi di uno scoglio, tenute insieme da caparbie radici. Il fatto che non siano state spazzate via dalle innumerevoli emergenze meteo la dice lunga sulla buona gestione dell’Adda. Il cielo è incredibilmente terso e la brezza fa scintillare le foglie degli alberi sulle rive. Quando il fiume si allarga la corrente rallenta e incontriamo secche dove possiamo alzarci in piedi con l’acqua sotto le ginocchia. Dal gommone ci fanno il segno il di OK, che per noi subacquei è una mano dritta sopra la testa con il braccio che forma un semicerchio. È una domanda, vogliono sapere se tutto va bene e rispondiamo con lo stesso gesto. Anche l’ambulanza sul sentiero ci sta osservando. Come ci fermiamo, rallenta. Solo se sei a pelo d’acqua le libellule prendono tutta quella confidenza, ti seguono curiose. Forse cercano un passaggio. Tutti gli animali sembrano meno spaventati, meno delle canoe e dei SUP. Seguiamo con lo sguardo le grandi ali degli aironi cinerini, i più diffidenti, che si alzano forse cercando di individuare dei pesci.
La lentezza
Non esiste nulla, più di un fiume, in grado di descrivere la vita, il tempo che passa e gli stadi stessi della vita. A monte il fiume è giovane e corre a valle brillante e irruento. Incontra ostacoli, non sempre naturali, ma li supera o li aggira. Poi, rallenta. È ormai grande, forte, pieno. Porta con sé la consapevolezza di innumerevoli tributari. Infine si perde in una massa d’acqua più grande, il mare, dove la sua identità si dissipa in una entità quasi infinita. Dalla riva e dal gommone fanno cenno che devo smettere di filosofeggiare perché dobbiamo portarci sulla sponda destra. Siamo quasi arrivati alla base e più giù ci sono le chiuse. La base, il Circolo Canottieri di Trezzo sull’Adda ha una logistica invidiabile. È il punto dove abbiamo lasciato i nostri vestiti, le chiavi della macchina e tutto il resto prima del passaggio in minibus verso la centrale. Un’ora e passa in acqua, per la distanza di cinque chilometri e mezzo, mettono fame. Al circolo ci attende un grill. C’è anche, ovviamente, un menu vegetariano. Certe esperienze mettono allegria e stimolano vicinanza. Siamo una settantina, tra uomini e donne. S’erano visti numeri più che doppi, prima del covid, mi dice Beppe il presidente del Bergamo Diving Center. Gli chiedo com’è nata, l’iniziativa. Mi dice che tutto iniziò con un gruppo di amici che si mettevano d’accordo nel discendere il fiume a nuoto. Una goliardata. Col tempo è diventato un evento per il quale è ora necessario chiedere permessi all’Ente parco e un’organizzazione che garantisca un dispositivo di sicurezza efficiente. Grazie allo statuto del club non a scopo di lucro, un club che si prefigge di promuovere la subacquea e altre attività acquatiche, è stato possibile realizzarlo. Per ben trenta edizioni. Si ride e ci si parla da un tavolo lungo all’altro. L‘ambiente è quello di chi ama le attività non solo a contatto con la natura, ma nella natura. Come i subacquei, per esempio.
Come dove e quando
Gli organizzatori, dopo numerose edizioni, hanno deciso di fissare la pinnata sull’Adda sempre per l’ultima domenica di giugno. Quella data, mi dicono, si è rivelata la finestra più affidabile per le condizioni meteo e per la temperatura dell’acqua. Ma anche per la biodiversità, visto che quello è il periodo appena successivo alla schiusa delle uova. L’organizzazione è a cura del Bergamo Diving Center e patrocinata dal Comune di Trezzo sull’Adda. La Protezione Civile fornisce supporto per la sicurezza. La base di partenza, e di arrivo, è il Circolo Canottieri di Trezzo sull’Adda. La distanza percorsa è di circa cinque chilometri e mezzo. La temperatura dell’acqua può variare dai 22 ai 25°C, ma è necessaria una muta, se non altro per il galleggiamento. Per partecipare è necessario compilare un’autodichiarazione sullo stato di salute e le capacità acquatiche e la presa visione del regolamento.
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