Castelli d’indifferenza

Rendersi conto che una singola persona ha il potere di decidere il futuro, il destino, la vita o la morte di un altro paese è il grande limite della nostra epoca.

Quello che sta succedendo alle porte dell’Europa, ai confini del mondo democratico, però non deve arrivare come una sorpresa per nessuno. Stessa società, stesso sistema, stessa avidità, stesse corruzioni, stesso disprezzo per il genere umano che ha caratterizzato i dittatori dei tempi moderni.

Questi campanelli d’allarme, questi tratti ricorrenti e descritti nei testi di storia, nelle memorie dei sopravvissuti, sui verbali dei grandi casi giudiziari contro i colpevoli di genocidi, studiate dagli accademici sui testi di psicologia e manuali di criminologia, che avrebbero dovuto allarmare la società democratica, sono stati accolti con la più magnanima tolleranza per decenni.

Quando un presidente di una grande nazione come la Russia, paese che non ha mai conosciuto democrazia sotto nessun leader, fosse zar o rivoluzionario marxista, sogna … bisogna impedirgli di sognare.

Tutto comincia con il sogno di un piccolo burocrate di catturare l’attenzione del proprio capo, di eseguire piccoli ‘lavoretti’ sporchi, che servono per puntellare il potere e tentare una scalata politica come ad esempio diventare sindaco di San Pietroburgo.

E definire un lavoretto, sporco, è un esagerazione, forse per noi che da ragazzini a scuola, a casa e in chiesa ci hanno martellato con il concetto di bene e male fare un lavoretto sporco ci paralizza, ma per un scolaro di Leningrado di umili origini, con una famiglia decimata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale e auto-istruitosi nei principi marxisti-leninisti, fare un lavoretto sporco è più che legittimo. È una semplice questione di sopravvivenza, di ‘vinca il più forte’. Forte come qualcuno che vince una partita a carte, a scacchi, o un combattimento di judo, e si guadagna una fetta di rispetto, d’intoccabilità che spetta al vincente.

Essere forti, in Russia, prende però poi una piega più ampia e più sinistra. Si può ordinare, come successo nel 1999, ai ranghi della FSB (Federal Security Service)  di piantare bombe in 4 condomini in 3 città russe Buynaksk, Mosca e Volgodonsk e uccidere 300 persone e ferirne più di 1000, solo per addossarne poi la responsabilità ai terroristi ceceni e usare il  pretesto per legittimare la seconda guerra Cecena. Questa è sempre ‘forza’ non crimine, letto alla russa. Se, poi, grazie alla paura dei sabotaggi terroristici l’elettorato vota in massa l’elezione di Vladimir Putin dandogli tutte le redini del potere, questo è un vero successo. Con poche mosse si è raggiunto l’obiettivo.

Il passo successivo segue dinamiche consuete nei regimi totalitari: diventa necessario cancellare le tracce. Diventa legittimo, quindi, avvelenare Alexander Ltvinenko a Londra come punizione di avere disertato l’FSB; di avere tradito i propri capi accusandoli di essere stati loro stessi a piantare le bombe; avere chiesto asilo alla Gran Bretagna; e avere descritto e diffuso nel libro Blowing up Russia la verità tra chi, di quegli atti terroristici, ancora non aveva capito niente.

Una volta al potere, nessuno è stremato dal troppo lavoro, al contrario di un operaio di un’industria metallurgica. Infatti, un leader che ha la responsabiltà del benessere sociale ed economico di 146 milioni di anime non è mai sfiancato, anzi, si ripresenta pieno di propositi e abnegazione per la propria patria per un ennesimo mandato, anche quando la Costituzione non lo prevede. Anche quando la Costituzione è chiara nel mettere i paletti a un entusiasta con mire autarchiche.

Nel 2020 Putin indice un referendum per modificare la Costituzione e prolungare il suo mandato di altri due termini di 6 anni ciascuno. Il 79% dei russi vota per lui, ma la votazione era stata condotta legalmente? Gli osservatori internazionali concludono che la conta dei voti era stata fatta illegalmente.

I sospetti anche se non confermati seguono un pattern. Grigory Rodchenkov, un chimico russo e capo dell’agenzia anti-doping, fuggito in America dopo avere ammesso pubblicamente che gli atleti che parteciparono alle Olimpiadi di Sochi nel 2014 erano dopati, ci rivela l’ossessione del leader russo di ‘sporcare’ persino qualcosa di sacro come le Olimpiadi, pur di vincere.

In breve, nel 2020 abbiamo un Presidente che sogna sogni malati come quello di antagonizzare la Russia contro il resto del mondo; non esita a ordinare finti atti terroristici; ordina l’eleminazione di giornalisti, oligarchi critici, nemici del suo sistema; supporta guerre oltre confine usando la strategia del massacro di civili per stremare la resistenza; fornisce all’Occidente le energie primarie, petrolio e gas, con un ritorno talmente stratosferico da arricchire una elite di oligarchi che svettano nella lista degli uomini più ricchi del pianeta… eppure tutti questi indizi non hanno mai costituito dei campanelli d’allarme.

I soldi della corruzione russa sono entrati nelle porte spalancate del mercato finanziario al pari  delle ricchezze corrotte di leaders e politici africani, sudamericani, cinesi .. quelli che consolidano il potere con la forza per deviare i fondi, altrimenti necessari allo sviluppo del paese, su conti correnti personali, di fatto attingendo ed esaurendo le risorse naturali del paese, e del pianeta.

C’era una volta.. quando un altro campanello d’allarme ha suonato senza destare le coscienze dei governi: ‘il pianeta sta bruciando dobbiamo ridurre la nostra dipendenza dai carburanti fossili’.

Le filosofie orientali, per chi voglia capire come funziona nell’intimo l’universo, raccontano di una legge che avverte che ogni eccesso da una parte, porta inevitabilmente con sé l’esperienza di un eccesso dalla parte opposta. I filosofi saggi, avendo cura di evitare le penitenze della vita, scelgono di vivere sulla strada della moderazione, in quella che conoscono come ‘mediocrità aurea’: nessun eccesso da entrambe le parti.

Come nel ‘gioco dell’oca’ chi ha esagerato è obbligato a tornare indietro sul quadrato di partenza con il vantaggio azzerato. Per gli oligarchi russi, dopo le sanzioni, c’è l’altra faccia della medaglia da vivere. Ma anche noi saremo costretti a fare molti passi indietro, ricattati da un coltello alla gola di costi esagerati e una favola, per niente a lieto fine, che ci racconta che i pazzi li creiamo noi, giorno dopo giorno, consumando quello che ci viene venduto senza farci domande, senza pensare alle conseguenze.

Queste sono le conseguenze, questa é la prova che non si costruisce niente, a lungo termine, senza morale. Un orrore senza fine che ci scorrerà davanti agli occhi per molto tempo.

Ma eravamo felici prima? Personalmente non ero felice. Se questa è un’occasione per fare la guerra allora, mi confesso da sola, spero che qualcosa vada storto fino in fondo e completi il lavoro che bisogna fare.

A cosa serve salvare una parte del mondo quando la gente continua ad essere controllata da un minuscolo gruppo di persone che tengono la loro vita in ostaggio?  Oggi è Putin ad invadere, domani saranno gli Arabi o i Cinesi.

Vanno ripensati e disattivati tutti i sistemi che permettono a un solo uomo di esercitare il controllo su milioni di persone. Va ripensato il modello di successo che dà accesso al potere a uomini ricchi, arroganti, ego maniaci e completamente ignoranti. Uomini che ignorano che se la religione, le religioni, insistono che la vita sociale si deve fondare sulla moralità e ci equipaggiano con 10 semplici leggi, e mandano profeti a morire per la nostra libertà, forse un barlume di verità in fondo al pozzo di questa saggezza ci deve essere.

Probabilmente è colpa della rabbia di assistere al dolore dei civili e al caos nel quale li hanno fatti sprofondare che per vendetta mi auguro di vedere bombardate e annientate tutte le roccaforti di potere tenute insieme dal collante della corruzione che ha legittimato l’uomo-forte-Putin, senza mai avere trovato un momento di lucidità per denunciarlo.

Denunciarlo come cinico, uno psicopatico con idee paranoiche e quindi incapace di gestire il potere, adesso, agli occhi del mondo? La denuncia arriva con tale ritardo da meritare la derisione di ogni singolo politico nel proprio incarico.  Questa é una guerra con tutte le sue conseguenze, sulla coscienza di chi é rimasto volutamente indifferente.

Cappadocia | Turchia | © Vittoria Amati
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