Presto figli delle stelle

Un carosello di albe e tramonti su di una grande mappa senza confini. È lo spettacolo che vivono gli astronauti in orbita sulla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, e che sembra trasmettere ogni volta le medesime sensazioni: di fragilità, alla vista del sottile velo di atmosfera che protegge la Terra, e di comunione, perché il pianeta azzurro appare proprio come la culla di tutto il genere umano.

La Terra vista dallo Spazio

“Guardi giù e dici: siamo nella stessa barca – racconta Doug Hurley, astronauta – poi ti giri a guardare lo spazio, e ti senti sopraffatto al pensiero di tutte le cose che potremo fare.” Doug ha usato il futuro, non il condizionale. Un futuro che si sta avvicinando, per chi fantastica di viaggi intergalattici e per chi progetta strumentazioni sempre più avanzate. E per chi fa entrambe le cose.

Il sogno di espandere l’umanità oltre la Terra sta infatti diventando sempre più tangibile, grazie alla tecnologia Starship progettata da SpaceX (https://www.spacex.com/), una compagnia privata statunitense che è riuscita a ridurre i costi dei lanci rendendo i veicoli spaziali riutilizzabili. Se infatti un solo missile può compiere molti viaggi, si abbattono radicalmente i costi di produzione facendo confluire tutte le risorse risparmiate nella programmazione di quella che rappresenta un’utopia dai tempi delle “Cronache marziane” di Ray Bradbury: la migrazione su nuovi pianeti, a cominciare dal pianeta rosso.

Starship – Primo veicolo di prova | © Official SpaceX Photos
Ottimismo spaziale

È stato il fondatore di SpaceX, il sudafricano Elon Musk, a trasmettere al team di ingegneri tutta la fiducia e l’entusiasmo necessari per sviluppare il progetto. SpaceX nasce nel 2002, durante un raduno di lanciatori di missili fatti in casa: un ambiente fatto di sogni e di know how, ideale per l’avvio di una vivace collaborazione fra persone decise a dare corpo a progetti finora considerati azzardati. Anche se per Elon all’inizio non è stato facile convincere la NASA delle potenzialità della compagnia, soprattutto perché non è uno scienziato ma “soltanto” un facoltoso uomo d’affari. Nel corso degli anni il magnate ha fatto mettere a segno numerosi successi all’azienda: l’ultimo nel 2020, in piena pandemia, un periodo quindi di grande demotivazione, quando SpaceX ha riacceso la speranza nel futuro portando in orbita sulla ISS gli esseri umani a bordo di un missile “sostenibile”.

Un’euforia che ha contagiato anche la NASA: in collaborazione con SpaceX, è al via il Programma Artemis I, che prevede entro il 2024, più di mezzo secolo dall’ultima volta, l’invio sulla Luna di un equipaggio che dovrebbe attuare un sopralluogo in vista del posizionamento di una stazione, una sorta di scalo per viaggi verso destinazioni più remote. Artemis sarà ricordata anche come primo sbarco di un’astronauta donna sulla Luna, senza dimenticare che l’allunaggio del 1969 si deve anche alla scienziata Katherine Johnson, esperta di calcolo di navigazione spaziale.

Allunaggio dell’Apollo 11 – 20 luglio 1969

Ma possiamo allunare tutti, almeno con la fantasia. A questo link https://www.nasa.gov/send-your-name-with-artemis/#user-information è possibile scaricare una virtuale carta d’imbarco a proprio nome per il prossimo lancio.

Eco-razzi per volare lontano

Sembra così terminata l’era dei missili “usa e getta”: i razzi di tipo Starship sono infatti totalmente riutilizzabili, e possono ridurre, a detta di SpaceX, di cento volte i costi di un viaggio nello spazio. Finora la spesa maggiore nei programmi di lancio spaziale è stata quella di costruzione di un veicolo destinato a volare una volta sola. Questo si verifica perché i booster tradizionali, ossia i razzi ausiliari che lanciano la navicella in orbita, si disintegrano o si disperdono nella fase di rientro sulla Terra. I razzi Starship sono invece come gli aerei dei voli di linea: costano molto, ma possono effettuare molti viaggi e a breve distanza di tempo l’uno dall’altro.

Starship SN8 – Test di volo ad alta quota | © Official SpaceX Photos

Una volta superata l’atmosfera terrestre, il missile booster si separa dalla capsula con l’equipaggio, compie una giravolta ed atterra in verticale, senza subire danni, su una piattaforma terrestre o in mezzo al mare. Per essere poi impiegato in altre missioni. Proprio come avveniva nei vecchi film di fantascienza, quando il razzo atterrava placidamente sul suolo lunare o su pianeti sconosciuti. Quella che allora appariva come una “licenza poetica” spaziale sta diventando realtà.

Starship SN5 Hop 10 | © Official SpaceX Photos
Da terrestri a cittadini dello spazio

Ma come afferma Elon Musk nel suo docu-film “Ritorno allo spazio” (https://www.youtube.com/watch?v=TSXCumQYzg4): “È importante non dare nulla per scontato. Il progresso non è automatico. Guardiamo alle grandi civiltà del passato come l’antico Egitto: costruivano le piramidi, e poi hanno smesso. Nel 1969 siamo arrivati sulla Luna, ma abbiamo dimenticato anche questo.” Secondo Musk per andare avanti, anzi in alto, non è sufficiente conservare una memoria storica dei progressi compiuti dall’umanità nel settore spaziale. È nella nostra natura abbandonare ad un certo punto un percorso anche se ricco di traguardi. “Ora abbiamo l’opportunità di portare la vita su altri pianeti – prosegue Musk – ma la finestra non sarà aperta a lungo.” Insomma, dobbiamo cogliere l’occasione che si sta profilando ora, e che potrebbe non ripetersi: il momento in cui l’umanità crede in una vita futura oltre i confini terrestri, su Marte ma anche su altri pianeti dove la tecnologia e l’entusiasmo saranno in grado di portarci.

Starship – Test di volo ad alta quota © Official SpaceX Photos

Musk non è l’unico a sollecitare l’insediamento su altri mondi. Secondo Stephen Hawking l’umanità scomparirà fra 1000 anni, se entro due secoli non avrà lasciato la Terra e colonizzato altri pianeti, che devono essere “terraformati”, come spiega Isaac Asimov nel suo “Ciclo dei robot”. A provocare l’estinzione del genere umano, secondo la comunità scientifica, potrebbero essere una guerra globale, o l’impatto di un enorme asteroide. Catastrofi più volte rappresentate al cinema.

Starship and Super Heavy 3 | © Official SpaceX Photos

Ma c’è una sceneggiatura più realistica: quella scritta dalla natura. Come la recente ondata di calore che ha travolto l’India del Nord ed il Pakistan, che un locale intervistato dal Guardian ha descritto come “vivere all’inferno”: più di 50C di giorno, umidità e caldo soffocante anche dopo il tramonto, in una parte di mondo dove il condizionatore è un lusso per pochi. Tutto ciò ha portato a crisi dell’agricoltura e drastica riduzione delle riserve alimentari. Stiamo superando la soglia della temperatura media del pianeta (1,5C), già salita di un grado dalla rivoluzione industriale. Clima estremo e carenza di cibo sono emergenze attuali, ragioni più che sufficienti per progettare un trasferimento su altri pianeti.

Starlink Mission 3 | © Official SpaceX Photos

Cosa ce lo impedisce? L’attuale mancanza di autonomia di carburante per raggiungere pianeti abitabili. E poi, i danni all’organismo che può provocare un lungo viaggio in assenza di gravità, in particolare l’insorgenza di osteoporosi. Sulla ISS è in fase sperimentale un tipo di gravità “artificiale” che potrebbe rendere più sana una spedizione verso lo spazio infinito. E una startup di San Francisco ha presentato il prototipo di una stazione di rifornimento nell’orbita terrestre che dovrebbe permettere agli astronauti di avventurarsi nello spazio. La sostenibilità dei razzi multiuso può accelerare lo sviluppo di queste soluzioni, e l’umanità potrà realizzare il sogno nel cassetto del terzo millennio: diventare una specie multiplanetaria.

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