Il report Unicef “Innocenti”: cos’è?
Da alcuni anni, l’Unicef si occupa di documentare come il cambiamento climatico e la crisi ambientale impattino sulle vite e sul comportamento delle nuove generazioni. Nel report “Innocenti”, sono riassunti i risultati degli esami a cui sono stati sottoposti tutti i Paesi più sviluppati, per indagare quale sia l’effettiva incidenza sul piano ambientale e la loro vivibilità, specie per i più giovani.

Tre sono i parametri utilizzati per valutare ogni Stato:
- Il mondo del bambino: ossia lo studio di tutte le esperienze dirette del bambino con l’ambiente e come queste influenzino la sua crescita (l’acqua che beve; la qualità del cibo che mangia e dell’aria che respira).
- Il mondo intorno al bambino: tutti quegli aspetti della società che influenzano direttamente il bambino (la casa; la scuola; gli spazi verdi; il traffico).
- Il mondo in generale: cioè tutte le decisioni politiche che formano il contesto in cui tutti gli altri aspetti si costituiscono (gestione delle risorse; piano energetico; emissioni; rifiuti di ogni tipo).
I risultati dell’indagine rivelano che in tutti i Paesi più avanzati, i cittadini conducono stili di vita malsani, che causano gravi danni all’ambiente. Per esempio, si è stimato che se tutti gli abitanti del mondo consumassero la stessa quantità di risorse di un cittadino medio del Lussemburgo, si necessiterebbero otto pianeti Terra per sostenerne l’impatto (per quanto riguarda l’Italia, “solo” 2,8).

Anche la produzione di rifiuti tocca cifre vertiginose: in media ogni cittadino produce 534kg di rifiuti all’anno, di cui 17kg sono di prodotti elettronici. Questi ultimi vengono scaricati illegalmente in Paesi a medio o basso reddito, in cui si formano delle vere e proprie discariche elettroniche, intossicando i centri abitati circostanti (a causa della presenza di materiali come mercurio, cadmio e piombo).

Inoltre, le politiche di questi Paesi sembrano ignorare, o non prendere seri provvedimenti riguardo l’emergenza climatica che stiamo fronteggiando. In media, solo lo 0,7% del PIL è utilizzato per la protezione dell’ambiente (in Italia lo 0,87%).
Questi dati dimostrano la necessità di impegni più importanti da parte di tutti (cittadini e governi), per riuscire a invertire la tendenza, per evitare che alle generazioni future non resti altro che una gigantesca discarica a cielo aperto.

Eco-ansia: l’impatto psicologico sui giovani
La crisi ambientale non lede solo la salute fisica delle persone, ma anche quella mentale e i più giovani sono anche i più vulnerabili. Questo sia perché i problemi che affrontano derivano anche dalle passate cattive gestioni, sia perché non sono totalmente coinvolti nella sfera politica dai vari governi.
Ciò che emerge dalle interviste condotte in Australia, Francia, Finlandia, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti, è un sentimento di sfiducia verso i governi riguardo le politiche ambientali, incapaci di recepire il malessere da parte delle nuove generazioni.
Infatti, il 53% dei giovani ha manifestato stati di ansia elevati riguardo la condizione climatica odierna, e il 52% ha affermato che a causa di tutti i problemi legati all’ambiente non avrebbe avuto le stesse possibilità dei propri genitori.

Il dato più triste è che, in media, il 39% si dichiarava restio a mettere al mondo dei figli, per evitare di farli vivere e crescere in un mondo che non sembra a misura di bambino. Dunque non una libera scelta personale, ma una costrizione dovuta a circostanze critiche e sfavorevoli.
Un drastico cambio di rotta è necessario per invertire questa tendenza, e questo ci aiuta a guardare sotto un’altra prospettiva le prossime elezioni politiche di Settembre, spingendoci ad avere un occhio di riguardo verso i programmi politici dei vari partiti.
Recentemente, la rivista Lifegate ha dedicato a questo tema un articolo molto utile in cui vengono riassunti e spiegati proprio i punti salienti di ciascun partito riguardo queste tematiche. (https://www.lifegate.it/elezioni-politiche-2022-programmi-partiti-clima-energia-ambiente)

Città-amiche dei bambini
Se da una parte in molti Paesi i governi sono sordi e ignorano i bisogni delle nuove generazioni, dall’altra, alcuni governi hanno aderito a iniziative che includono le voci dei più giovani nella gestione degli spazi delle città e nelle politiche ambientali.
Tra tutti, un esempio interessante è quello della contea di Wanju, in Corea del Sud, che ha costituito il Children and Youth Parliament (CYP), ossia un parlamento in cui vengono eletti dei rappresentanti per i bambini e dove viene redatta una vera e propria agenda politica per rendere la vita dei più giovani più confortevole.
Ciò ha portato non solo alla tutela delle aree verdi (necessarie per garantire spazi in cui giocare e incontrarsi in serenità), ma anche a migliorare le condizioni dei studenti lavoratori e a riconfigurare i vari servizi della contea, per renderli a misura di bambino (per esempio sono stati costruiti corrimano più bassi sugli autobus).

Anche in Europa è presente uno Youth Parliament che ha la funzione di mettere in contatto giovani in tutto il continente per formarli a un senso di responsabilità e consapevolezza riguardo le questioni più importanti, stimolando il dibattito e la ricerca di nuove soluzioni.
Attualmente, 48 Stati hanno aderito all’iniziativa Unicef “Città amiche dei bambini e degli adolescenti” lanciata nel 1996, un dato importante, ma che allo stesso tempo rende evidente che la strada verso l’inclusione dei più giovani è ancora lunga, ma il cambiamento non potrà che passare attraverso le loro voci.