Sulla Luna, case fresche di stampa

Mettere su casa…sulla Luna. Con Artemis, la missione che prevede entro il 2024 l’allunaggio di un team della NASA che rispetta la parità di genere e l’inclusione (prima donna e prima persona di colore), e si pone come obiettivo, oltre all’esplorazione della superficie del satellite ancora non battuta da stivale umano, anche il sopralluogo per la costruzione di una base lunare per una permanenza di lungo termine. La NASA ha incaricato l’azienda texana ICON di sviluppare un sistema di costruzione di abitazioni sulla Luna robuste e resilienti, ma anche sostenibili, utilizzando come materiali le risorse già presenti sul satellite. E come tecnologia, la robotica di stampa in 3D su larga scala. Consegna chiavi fissata per il 2026.

Traslocare sulla Luna

La Luna, secondo il “Trattato sullo spazio extra-atmosferico” sottoscritto nel 1967 da Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica, è “patrimonio comune dell’umanità”: e nel 1979 è stato ratificato l’Accordo sulla Luna, che impedisce lo sfruttamento del suolo lunare per scopi privati e ne vieta l’alterazione dell’ambiente. Quindi, per ora non troveremo annunci immobiliari di deliziosi villini con vista sulla Terra: le dimore previste dal Progetto Olympus ospiteranno esclusivamente il personale della NASA, e come tali saranno studiate all’insegna della funzionalità.

Terra – Luna… Marte: le case lunari fungeranno anche da stazione di sosta per gli astronauti che viaggiano dalla Terra al più remoto pianeta rosso. ICON ha stampato Mars Dune Alpha, una simulazione di habitat marziano di 5000 mq dove il personale della Nasa dovrà compiere soggiorni di un anno per abituarsi alla vita extra terrestre (a partire dall’estate 2023): alloggi, una cucina, ambulatori medici, aree di svago e sport, serre di coltivazione.

Ma quali sono le caratteristiche di abitabilità di una casa sulla Luna? In cima alla lista la resistenza termica: gli sbalzi di temperatura (che oscilla fra i +127° di giorno e i -147° di notte) produrrebbero ben più che qualche crepa sui muri. E poi, la capacità di schermare le radiazioni che, secondo i più recenti risultati pubblicati da Science Advances, sulla Luna sono 200 volte la quantità che riceviamo ogni giorno sulla Terra. Un altro pericolo che incombe sui tetti lunari sono le micrometeoriti che impattano spesso sulla superficie dell’astro d’argento e che, a differenza di quanto avviene sulla Terra, per la mancanza di atmosfera non vengono disintegrate ma producono crateri, con esplosioni di luce e calore molto suggestive ma affatto rassicuranti se vissute da vicino.

Studi precedenti avevano dimostrato che la regolite, l’insieme di sedimenti che compone le rocce lunari, funziona come isolante termico (basti pensare che nelle caverne della Luna la temperatura rimane stabile a circa 23°) ma anche come scudo protettivo. La chiave di volta del Progetto Olympus è proprio l’utilizzo della regolite per l’edilizia lunare: un materiale più resistente alla compressione del cemento terrestre, ed anche sostenibile, perché non dovrà essere caricato sui razzi dalla Terra (risparmiando così molta energia) ma è già presente in loco in quantità praticamente inesauribile. Per valutare come si comporterebbe questo materiale in un cantiere edile extra-terrestre, sono previsti esperimenti, in gravità lunare simulata, con campioni di regolite prelevati nelle precedenti missioni. E con la regolite saranno create anche strade, scudi anti-esplosione, e piattaforme di atterraggio.

Una tecnologia che aggiunge

Il robot, il software, la materia: è il trio che in 24 ore può costruire una casa. Il computer genera il progetto architettonico e lo invia alla stampante che si trova sul posto, collegata con un’unità di miscelazione portatile che prepara il materiale da costruzione. Per le abitazioni terrestri ICON utilizza il Lavacrete, una miscela brevettata di calcestruzzo che si deposita a strati sulle fondamenta, come la panna che esce dal sacchetto per decorare le torte, formando così le pareti esterne ed interne di un edificio.

Un dubbio lecito: strumenti che sul pianeta azzurro sono all’avanguardia, saranno in grado di lavorare con la medesima efficienza in un ambiente dove un’incudine di ghisa pesa poco più di 7 kg per effetto della gravità lunare? ICON ha in programma di portare il suo hardware e software nello spazio con un volo che simula l’ambiente lunare; dopo il primo battesimo extraterrestre, tutta la strumentazione sarà trasferita sulla Luna.

Stampare case in 3D è sostenibile dal punto di vista ambientale? Sì, da quello che comunicano le aziende del settore, perché le mura stampate sono molto isolanti e garantiscono un’alta efficienza energetica. Inoltre questa è una tecnologia additiva (che si basa sull’aggiunta di strati per realizzare un oggetto, anziché rimuovere sezioni durante la lavorazione) che comporta uno scarto minimo di materiale, e che con la sua rapidità di realizzazione abbatte consumi e costi. In meno di una giornata ICON ha realizzato un prototipo di rampa di lancio per i razzi, progettata dagli studenti della NASA, che a prima vista sembra un mandala spaziale.

Dalla Luna alla Terra…

Sulla Luna possiamo reperire quindi materiale da costruzione “a basso costo”, e la forza di gravità inferiore consentirebbe di effettuare l’agognato lancio verso Marte con minore consumo di carburante rispetto alla Terra. Il campo gravitazionale debole renderebbe più facili gli spostamenti di materiali, persone e macchinari. Inoltre, per gli astronomi osservare le stelle e i pianeti sarebbe più comodo, grazie alla rotazione lenta della Luna e all’assenza di inquinamento elettromagnetico.

Ma per vivere a lungo sulla Luna non basterà risolvere il problema dell’alloggio: serviranno riserve di acqua ed ossigeno, presenti la prima sotto forma di fango ghiacciato sul fondo di alcuni crateri, il secondo all’interno delle rocce, nella stessa regolite. E la loro estrazione richiede molta energia, che potrebbe essere ricavata dai pannelli solari nelle lunghe giornate lunari.

E se il progetto di una base lunare dovesse sfumare, potremo concentrare tutta la competenza acquisita in un’edilizia sempre più sostenibile sul nostro pianeta. Se una casa stampata in 3D è ipotizzabile in un ambiente estremo come quello della Luna, potrebbe diventare l’abitazione ideale nelle zone della Terra dove vivere diventa sempre più difficile a causa della crisi climatica e della povertà delle infrastrutture.

La praticità di questa tecnologia può rivolgersi alle categorie più fragili: ICON ha costruito un quartiere tutto stampato in 3D per l’organizzazione no profit Community First! Village, che si occupa di persone, soprattutto anziani, che hanno vissuto a lungo come senzatetto, e ha consegnato dimore ad una comunità di famiglie a basso reddito a Tabasco, in Messico, che finora hanno abitato in alloggi malsani e a rischio sismico.

L’italiana WASP, specializzata nella stampa in 3D con terra cruda, ha presentato un progetto speculare a quello delle case sulla Luna: Itaca, una villetta di soli 33 metri di diametro, in grado di ospitare quattro persone, con bacini di raccolta idrica e orto per l’autosufficienza alimentare, pensata per le regioni del mondo con scarsità di acqua e di cibo, e che possiamo immaginare abitata dai protagonisti delle “Cronache marziane” di Ray Bradbury.

“La vespa vasaia è il nostro modello di sviluppo, un perfetto approccio per costruire case a basso costo con materiale naturale a chilometro zero” ha dichiarato Massimo Moretti, CEO di WASP. Una miscela di argilla, limo, sabbia, paglia e lolla di riso costituisce Gaia, altra dimora di WASP, che non ha bisogno di condizionatori e termosifoni perché mantiene una temperatura mite e costante in ogni stagione. E di terra cruda locale è fatta anche TECLA, in collaborazione con MC A-Mario Cucinella Architects, una casa che si stampa in una settimana e che, secondo Moretti, potrebbe essere la soluzione all’emergenza abitativa provocata dalle grandi migrazioni e dalle catastrofi naturali.

Alcune soluzioni di case stampate in 3D suggeriscono uno stile di vita minimale, dove gli spazi abitativi devono assolvere alle funzioni principali, mentre le altre attività possono essere svolte all’aperto: studiata per la convivenza di due persone ai tempi della pandemia, la casa Covida di Emerging Objects, nel deserto alpino del Colorado, è suddivisa in tre ambienti, deputati al sonno, alla toletta e al pasto, tutti realizzati in terra e paglia. Ancora Emerging Objects ha edificato caratteristiche abitazioni di fango rinforzato con legno di ginepro in New Mexico, ispirandosi alla tradizione di manifattura edilizia dei pueblos indo ispanici: anche in questo caso un robot portatile ha raccolto e lavorato sul posto il materiale locale, per poi effettuare la stampa in 3D.

Altrettanto essenziali le Sunday Homes che ICON ha realizzato nel resort El Cosmico di Marfa, in pieno deserto del Texas: strutture circolari con vista sulle montagne Davis, dove riposare al riparo da sole e caldo nelle ore più critiche. Suggestive, ma non per tutte le tasche.

Non solo case: in collaborazione con architetti e ingegneri dell’ETH del Block Research Group e Zaha Hadid Architects, l’austriaca Incremental 3D ha realizzato a Venezia un ponte in calcestruzzo “ecologico”, senza il rinforzo di acciaio e malta che genera abbondanti emissioni di CO2: il materiale non viene secreto dalla stampante orizzontalmente ma ad angoli specifici che generano una forte compressione fra i blocchi, che possono poi essere smontati e riciclati.

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